Il Parlamento Europeo boccia ACTA

Circa una settimana fa, il Parlamento Europeo ha rigettato l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (accordo commerciale anti-contraffazione), meglio conosciuto con la sigla ACTA: 478 voti contrari, 39 favorevoli e 165 astenuti. Di questo accordo internazionale, su cui il Parlamento ha potere di veto ma non di modifica, si discute da alcuni anni. Sullo sfondo, un tema delicato e ineludibile: far coesistere libertà di informazione e di accesso ai dati con la tutela del copyright e dell’industria culturale, spesso defraudata dalla contraffazione digitale.

 

I negoziati ACTA, condotti dalla Commissione Europea (DG Commercio), sono partiti nel 2007 e hanno coinvolto circa 32 Paesi e una serie di associazioni e multinazionali operanti nel settore del cinema e della musica. Nel testo venivano regolamentati il diritto di proprietà intellettuale e il reato di contraffazione e di pirateria nel web, prevedendo sanzioni di tipo penale. Da qui è partita la mobilitazione della società civile e dell’organo che più direttamente rappresenta i cittadini in Europa, il Parlamento: i primi si sono concentrati sulla violazione dei diritti degli utenti a scapito del rafforzamento degli interessi delle grandi multinazionali, mentre il Parlamento Europeo ha affrontato anche il metodo, chiedendo alla Commissione maggiore trasparenza nella conduzione dei negoziati.

Ce lo conferma Gianluca Susta, eurodeputato biellese (S&D), che ha spiega perché ha votato contro il testo di ACTA: “Prima e durante il negoziato, siamo intervenuti più volte per dire che occorrevano maggior trasparenza, una base giuridica più chiara e precisa per introdurre nuove previsioni penali, una differenziazione sostanziale della disciplina relativa alla lotta alla contraffazione e alla pirateria on line. Tutte cose che sono state o disattese o scarsamente prese in considerazione nel corso dei negoziati. Da qui la decisione finale”.

 

In quanto membro della Commissione Commercio Internazionale (INTA), Susta si dice “favorevole a disciplinare la materia a livello europeo e internazionale. Una cosa però è la contraffazione e un’altra cosa è la pirateria on line. Né sul piano giuridico né su quello economico si possono mettere sullo stesso piano la contraffazione di borsette o anche di medicinali e lo scaricare una canzone o un film dal web. La contraffazione si tutela prevedendo normative chiare sulla tracciabilità dei prodotti; la pirateria on line con una normativa che tuteli il diritto d’autore, ma nel contempo il libero accesso alla rete, che non può comportare il conferimento un ruolo “pubblico”, di “polizia” intendo dire, ai provider e non può conferire ai Paesi che sottoscrivono un eventuale accordo anche il potere di punire il consumatore finale. La sovrapposizione di questioni tanto differenti e l’ambiguità del testo hanno sollevato le proteste, a volte non giustificate, di larga parte dell’opinione pubblica che hanno indotto i parlamentari a un voto negativo, fondato su motivazioni a volte forzate”.

Commenta Valentina Sandroni, avvocato esperto della materia e responsabile di Libera Cuneo: “Possiamo dire che l’ACTA è frutto di una negoziazione “privata” e commerciale, nella quale stati come la Francia (che ha una legislazione ferrea in materia di copyright) hanno fatto la voce grossa, spingendo all’approvazione un testo che restringe in maniera determinante la circolazione delle opere dell’ingegno, con una criminalizzazione (a mio parere) eccessiva e poco equa dei comportamenti considerati illeciti, giungendo addirittura a sanzionare le irregolarità con la negazione dell’accesso alle fonti (internet, ad esempio). Il testo ACTA sacrifica, nell’ottica di un rafforzamento della protezione delle opere dell’ingegno, una serie di misure di controllo che violano palesemente i principi di libertà all’accesso alla rete e di tutela della privacy. Il testo criminalizza eccessivamente il ruolo dei c.d. “fornitori di connettività e servizi”, andando ad intaccare il principio di “neutralità” della Rete, che è stato essenziale per il suo sviluppo. I fornitori saranno in prima persona responsabili del controllo di tutto ciò che viene pubblicato in rete, con l’obbligo di comunicare ai titolari i dati dei (presunti) trasgressori. Tali norme intaccano direttamente anche i principi fondamentali di libertà di espressione e manifestazione del pensiero”.

 

Un tema irrisolto. Precisa Susta: “La proprietà intellettuale va tutelata, altrimenti più nessuno investirà nel cinema, nella produzione musicale, nel teatro o nella moda, nell’innovazione di qualsiasi prodotto che possa essere scopiazzato da tutti. Come remunerare il capitale investito nell’industria e nella cultura resta un problema aperto, così come, una volta bocciato ACTA per le sue incongruenze e le sue ambiguità, resta il problema di colpire una frode commerciale che raggiunge i 500.000 miliardi di dollari! Una cifra pazzesca, che penalizza moltissimo l’industria europea. Adesso ci vuole una normativa seria che protegga il diritto d’autore, che non punisca chi scarica il film o la musica e che faccia pagare somme accettabili a chi diffonde nel web questi beni immateriali, così come occorre rafforzare la lotta alla contraffazione, coinvolgendo però anche la Cina (che non ha firmato ACTA) che produce l’85% dei beni contraffatti.

La società civile ha avuto indubbiamente un ruolo determinante nell’indurre il Parlamento a votare contro, complice, secondo l’eurodeputato, l’utilizzo di “argomentazioni giuridiche infondate (si è arrivati a dire che sarebbero stati immediatamente puniti i ragazzini che scaricano le canzonette da internet….), ma anche portando all’attenzione di tutti la necessità di disciplinare questa materia raggiungendo un equilibrio tra il diritto alla libertà di comunicare ed apprendere e quella economica di vedere remunerati i propri investimenti. ACTA non aiutava né gli uni né gli altri”.

 

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Sul tema (diritti d’autore, libertà d’informazione e web) leggi “Diritti o privilegi d’autore”, di Marco Stranisci (2/02/2012)

11/07/2012
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