Zero Dark Thirty

 

 

 

Trovare Osama Bin Laden, costi quel che costi. Così hanno vissuto gli Usa, per un decennio, dal tragico 11 settembre 2001, giorno dell’abbattimento delle Twin Towers, fino al maggio 2011, quando lo sceicco saudita venne trovato e ucciso. Questa caccia all’uomo, simbolo di Al Qaida e del male (con o senza la m maiuscola), è narrata in “Zero Dark Thirty”. La pellicola di Kathryn Bigelow, unica regista premio Oscar (“The Hurt Locker”, sulla guerra in Iraq) e con una grande capacità narrativa e dal grande dinamismo delle immagini (pensate a “Point Break” o “Strange Days”) è stata scritta da Mark Boal. La vicenda, che si snoda su 8 anni, è raccontata con il punto di vista di Maya (Jessica Chastain), agente della CIA che dedica anima e corpo alla caccia all’uomo. Per 120 minuti si ricostruisce il puzzle, che portò alla localizzazione del nascondiglio di Bin Laden: con ostinata pazienza e una certa dose di azzardo, come si identificò la sua tana. Gli ultimi 30 minuti del film si incentrano sul blitz delle forze speciali, per uccidere lo sceicco saudita, nel cuore della notte. 

Film complesso, lungo anche se non prolisso, difficile da comprendere fino in fondo per il pubblico (non solo americano): racconta  la prospettiva americana nella ricerca del nemico pubblico numero 1, degli anni zero. Lascia allo spettatore il giudizio, scegliendo di non prendere una posizione “contro”, ma mostrando l’abisso vorticoso del Sistema che vuole tutelarsi ed è capace di ogni cosa: le scene degli interrogatori, vere e proprie torture, sono prive di compiacimento, ma certamente efficaci a spiegare gli avvenimenti. Bella l’idea iniziale dello schermo nero, con le telefonate originali e i messaggi dell’11 settembre, catartica e simbolica la scena finale: Maya è mossa da un’ossessione che non le dà tregua, personale e al tempo stesso collettiva. Con perizia registica notevole (il finale girato al buio, con uso di infrarossi), dosando poche scene d’azione e approfondendo il difficile meccanismo della ricerca di indizi, la Bigelow firma un altro film importante (didattico nella sua divisione in capitoli), che probabilmente dirà molto in futuro, come ricostruzione di docu-fiction. Ma racconta anche la metafora dell’occidente sotto scacco, degli ultimi dieci anni, senza molti punti di riferimento. 

Come issare la bandiera a stelle e strisce al contrario. 

03/03/2013
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