Viva la libertà

 

 

E se il segretario del principale partito di opposizione, in clamoroso calo di consensi, scomparisse all’improvviso? Da questa situazione bizzarra comincia il film di Roberto Andò, regista teatrale e di opere liriche, “Viva la libertà”, tratto dal suo romanzo “Il trono vuoto”. Sì, perchè Enrico Oliveri (Toni Servillo) fugge una notte, senza avvertire nessuno, nemmeno la moglie (Michela Cescon) o il fido collaboratore Bottini (Valerio Mastrandrea). Oliveri si rifugia in Francia, da una vecchia amica (Valeria Bruni Tedeschi) e amore di gioventù, mentre in Italia il suo partito annaspa senza sapere come risolvere la situazione. Bottini inizia a covare un’idea in apparenza bislacca, ma che sembra essere l’unica praticabile: chiedere al fratello gemello di Oliveri, il professore e filosofo Giovanni Ernani, di prendere il suo posto. Piccolo problema: Giovanni è stato per anni in manicomio. E così il pazzo prende il posto del sano e spiazza tutti, rivelandosi capace, giorno dopo giorno, di risollevare le sorti, ormai considerate spacciate, del partito. Nel frattempo Enrico, in Francia, ricomincia a vivere da cittadino qualunque, a risentirsi umano. Quanto durerà lo scambio?

 

Chiaro riferimento a Walter Veltroni e alla sua volontà di andare in Africa, più che mai attuale in tempi come questi, di rinunce alle proprie responsabilità, siano esse dimissioni o abdicazione pontificia? Chissà… Per intanto Andò ci regala un film dall’andamento ondivago, come il suo stralunato protagonista Giovanni, che cammina zigzagando sulle linee dei pavimenti (ci ricorda il Melvin Udall di Jack Nicholson in “Qualcosa è cambiato”), fischietta arie di Verdi, cita poesie e versi di Brecht. Superlativa la prova di Servillo, in una doppia veste, che riesce a sottolineare le sfumature dei due gemelli, anche solo dalle inflessioni vocali sottili e dallo sguardo, ora malinconico, ora follemente ironico. Musiche funzionali, bella sceneggiatura, fatta di considerazioni taglienti e episodi folgoranti (il tango a piedi scalzi con la Cancelliera; la scena del ballo nel manicomio; quella finale e il sorriso sornione di Servillo). Ottimo il cast, nel suo complesso, con gustose apparizioni (Gianrico Tedeschi che ricorda Vittorio Foa, Renato Scarpa giornalista sapido, Massimo De Francovich, presidente della Repubblica) e bravi attori (Andrea Renzi, lo ricordate comprimario proprio insieme a Servillo, ne “L’uomo in più”, ormai dieci anni fa?).

 

Senza scomodare Dumas, il teatro o altri film simili (“Dave – presidente per un giorno” di H. Ramis), il film di Andò sa essere malinconico ed appassionato, comico e visionario (non a caso si cita apertamente Fellini), come ci piacerebbe fosse anche una politica degna di questo nome. E non solo al cinema.

14/02/2013
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