Unicredit: tragedia in tre atti


O: perché se ne parla tanto, e cosa c’entrano Gheddafi e la Lega.

Personaggi:

Unicredit è il più grande gruppo bancario europeo. Nato alla fine degli anni Novanta dalla fusione dei gruppi Credito Italiano e Unicredito – a loro volta aggregati di una miriade di piccole banche, soprattutto del centro nord – conta rilevanti partecipazioni straniere, soprattutto tedesche e libiche. Il presidente è Dieter Rampl, tedesco, presente anche in Mediobanca. Fra i vicepresidenti, Farhat Omar Bengdara, governatore della Banca Centrale di Libia. Per regolamento interno, nessun investitore deve superare il 5 %.

Alessandro Profumo, detto Alessandro il Grande per le mire espansionistiche, ex amministratore delegato di Unicredit.

Federico Ghizzoni, detto l’Uomo dell’Est, neoeletto amministratore delegato di Unicredit.

Valerio Tosi, sindaco leghista di Verona.

Muammar Gheddafi, “Guida della Rivoluzione”, massima autorità politica libica, insediatosi su colpo di stato. Controlla strettamente seppure indirettamente sia la Banca Centrale di Libia che il Libyan Investment Authority, compagnia che amministra gli investimenti statali libici.

Franco Frattini, Silvio Berlusconi, Italia dei Valori, soggetti politici italiani.


Atto primo: il tetto sfondato

In agosto, il LIA acquista, trattando con Profumo, il 2,07 % di Unicredit. Aggiunto al 4,99 % già detenuto dalla Banca Centrale di Libia, il totale degli investimenti libici si avvicina al 7 %, superando sia il limite interno che quello di attenzione della Banca d’Italia. L’operazione avviene all’insaputa del CdA e di quest’ultima. Fino a poco tempo fa, per quanto riguarda la Banca d’Italia il limite oltre il quale è necessario richiedere un’autorizzazione era il 5 %. Cancellato da una direttiva europea, resta comunque una misurazione dell’influenza all’interno del CdA – ad esempio, la designazione di responsabili di alto livello.

I parametri sulla base dei quali si dà l’autorizzazione a operazioni di questa portata riguardano la credibilità degli investitori e la provenienza dei capitali. Ora, l’investitore, di fatto, è Gheddafi. Il LIA è un organo misterioso, senza un sito internet, dai bilanci oscuri, agli ultimi posti nelle classifiche internazionali sulla trasparenza. Nonostante Tripoli neghi un legame fra la Banca Centrale di Libia e il LIA, i sospetti sono forti e fondati – seppure non controllabili direttamente, in quanto la Libia è uno stato estero, e nemmeno europeo. Unicredit ha recentemente ottenuto una licenza ad operare il Libia, detenendo il 49 % delle filiali della Banca Centrale di Libia. Prima questione: sta avvenendo una scalata libica nella maggiore banca europea?


Atto secondo: reazioni a catena

Dieter Rampl, all’oscuro dell’operazione, mette il CdA contro Profumo, spingendolo alle dimissioni. Al suo posto viene eletto Ghizzoni. Un ruolo fondamentale è giocato dalla diffidenza dei tedeschi verso il mondo islamico in generale, e la Libia in particolare. La stampa tedesca attacca ferocemente Profumo. Sbarramenti istituzionali a parte, la faccenda non è vista di buon occhio – e questo, in un mondo dove affidabilità e reputazione sono la base per attrarre capitali, va oltre la semplice questione di galateo economico.

Il sindaco Tosi critica la condotta di Profumo, e si rallegra delle tensioni interne in Unicredit, nella speranza che limitino la “scalata araba”, temutissima dai leghisti. La Fondazione Cariverona, fino ad allora maggiore azionista Unicredit, riduce leggermente gli investimenti.

Viene coinvolta anche la politica italiana: l’IdV coglie l’occasione per criticare i legami fra Berlusconi e Gheddafi, con la complicità del ministro degli esteri Franco Frattini. Unicredit viene vista come una porta aperta verso la Libia., considerando anche che recentemente capitali libici si sono inseriti in FIAT e Banca di Roma.

Atto terzo: e ora?

Le scottanti quote libiche restano dov’erano. Ghizzoni non sembra preoccupato, e le priorità di Rampl vanno nella direzione di Profumo: espandersi in Europa. Grazie anche all’uomo dell’Est, che ha simbolicamente ricevuto la notizia da Varsavia.

07/10/2010
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