Sulla mia pelle

Storia tragicamente nota di Stefano Cucchi (A. Borghi): trentunenne romano, arrestato nell’ottobre 2009, per possesso e spaccio di stupefacenti. Stefano è picchiato in caserma da alcuni carabinieri, rifiuta di denunciare l’accaduto per paura, il suo fermo viene convalidato dal giudice e, viste le precarie condizioni di salute, viene detenuto nell’ospedale militare Pertini a Roma, da dove non uscirà che morto. Intanto, fuori, i genitori e la sorella Ilaria cercano, senza successo, di poterlo vedere o almeno avere sue notizie: un muro di burocratica ostilità li respinge, fino alla notifica dell’autorizzazione all’autopsia, una settimana dopo l’arresto di Stefano.

Film coraggioso, che ha già sollevato polemiche tra le forze dell’ordine, “Sulla mia pelle” esce oggi nelle sale e in contemporanea su Netflix (annunciate proiezioni gratuite in giro per l’Italia, da associazioni e collettivi), lungamente applaudito alla Mostra del cinema di Venezia.

Alessandro Borghi superiore ad ogni elogio, fa rivivere Stefano letteralmente sulla sua pelle, Jasmine Trinca nella parte della sorella Ilaria e Max Tortora in quella del padre Giovanni. Il regista Cremonini ha fatto un film asciutto, splendidamente fotografato, con una sceneggiatura che non fa sconti a nessuno, ma senza giudicare. Lascia in sospeso una domanda, latente: come è potuto accadere un fatto simile (e non è stato l’unico), in un Paese che si dice civile? La risposta sta in quella catena di omertà, negligenze, omissioni, violenza e responsabilità penali che determinarono la morte di Stefano. Sembrerebbe un incubo allucinato, non fosse accaduto davvero.

Attualmente c’è un processo in corso a carico di alcuni carabinieri, oltre alle responsabilità di medici e personale sanitario mai del tutto acclarate.

Da vedere anche se fa male.

12/09/2018
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