Io sto con la sposa

Se sei migrante, dai nell’occhio e subito ti si chiedono i documenti; se sei clandestino, neanche a parlarne. Ma se sei in abito da cerimonia e stai accompagnando due sposi a un matrimonio, perchè dovresti destare sospetti? Su questa paradossale e avventurosa scommessa si gioca il documentario “Io sto con la sposa”, prodotto dal basso (più di duemila “comuni” e sconosciuti produttori), girato on the road e semi-clandestinamente. Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman hanno realizzato un film ibrido e particolare: il viaggio vero di alcuni palestinesi e alcuni siriani, tutti clandestini, da Milano a Malmo, in Svezia, passando in Francia, Lussemburgo, Germania e Danimarca. La voce principale è quella degli stranieri, accompagnati da alcuni italiani, ripresi spesso in primo piano, mentre rammentano ricordi, evocano tragedie dolorose del loro passato, scherzano sulla quotidianità del folle viaggio verso la Scandinavia. L’obiettivo è la Svezia, ottenere la residenza in quanto rifugiati, lasciarsi le fatiche, la guerra, i lutti alle spalle e ricominciare una vita.

Moderna odissea molto reale, “Io sto con la sposa” parla dei nostri confini, delle norme che regolano l’accoglienza in Europa, dei nostri pregiudizi, delle morti oscene che avvengono ai margini del nostro “mondo” senza più destare il nostro stupore. Lo fa attraverso le voci dei suoi protagonisti, persone in carne ed ossa, più che interpreti. Paradossalmente, forse, risulta più efficace nel lasciar parlare gli sguardi, i sorrisi, le lacrime e le attese dei suoi personaggi, che attraverso alcuni passaggi parlati un po’ didascalici. Ingenua onestà che si perdona, la causa è nobile, all’arte questa volta si conceda l’imperfezione della buona fede e della scelta coraggiosa e controcorrente. Questa non è fiction, Del Grande ce lo ricorda da anni sul suo blog. Passate parola e andate a vederlo!

14/10/2014
Articolo di