Stay hungry, stay foolish!*

 

 

E’ circa ora di pranzo, quando ricevo una telefonata di Davide Pecorelli, il nostro direttore, che mi chiede “Sei triste?”; “un po’” rispondo io, “bene, pensavo giusto di chiederti di scrivere un articolo”, ed eccomi qua.

 

 Questa notte intorno alle 2 (ora italiana) sul sito apple.com, compare una foto di Steve Jobs con data di nascita e di morte (1955-2011):

 

 “Apple ha perso un genio visionario e creativo, e il mondo ha perso una persona straordinaria.[…]”

 

 Da lì in avanti è un fiume di notizie, tweet, video, foto e messaggi di cordoglio da parte delle principali personalità pubbliche del pianeta, a partire da Barack Obama. Ancora adesso (18.30 del 6 ottobre), la notizia occupa la prima pagina di tutte le edizioni online dei maggiori giornali del mondo.

Perché?

 

 Ci sono tante risposte a questa domanda, probabilmente basterebbe scorrere la sua biografia per darsene un po’, ma in questa sede non lo faremo.

 Proviamo a cercare altre risposte.

 

 Sicuramente è un uomo che nella sua vita ha cambiato la vita di molti: con Steve Wozniak ha inventato il personal computer, ha applicato per la prima volta ad un prodotto commerciale l’interfaccia grafica (finestre, icone, cestino…del primo Macintosh), ha rivoluzionato il modo di fruizione dei contenuti multimediali (musica, film, libri) combattendo molto più di altri, che hanno preferito le aule di tribunale, la pirateria. Ed infine ha dato la stura alla cosiddetta era post-pc, con iPhone ed iPad, il tocco e la voce. Chiunque di voi stia leggendo questo articolo, può farlo grazie, soprattutto, a Steve Jobs.

 

 Nel bene e nel male, è l’incarnazione perfetta dell’uomo del capitalismo: costruendo progresso, ha costruito profitti e quindi benessere; in 15 anni le azioni Apple sono passate da 15$ a 350$, è la maggiore società per capitalizzazione del mondo ed ha qualcosa come 76 miliardi di dollari di liquidità, una cifra superiore all’ultima manovra finanziaria di Tremonti, è l’unica grande società americana che continua ad assumere al posto di licenziare.

 

 Era un perfezionista, maniacale forse solo quanto Stanley Kubrick, attento ad ogni dettaglio di ciò che faceva: per progettare gli Apple Store (i negozi Apple in cui migliaia di persone stanno in queste ore portando fiori e biglietti di cordoglio), fece costruire un capannone con dentro un prototipo a dimensione naturale, da manipolare e perfezionare, in gran segreto, fino al lancio avvenuto nel maggio del 2001; degli Apple Store, Jobs scelse perfino il colore del legno dei tavoli.

 

 Era un genio della comunicazione: le presentazioni dei prodotti Apple trasformate in riti, un cocktail perfetto di marketing, tecniche di ispirazione religiosa e carisma, sicuramente da studiare.

 

 Ed infine, ma forse la cosa più importante, era un artista. Ciascuna delle società che ha contribuito a costruire si colloca perfettamente, come amava sottolineare alla fine di quasi ogni sua uscita pubblica, all’incrocio fra tecnologia ed arte. Pensate ai prodotti Apple, o ai film della Pixar. Amava la bellezza, che non è solo una categoria estetica, ma, come ben sappiamo, culturale.

 

 Pensava di poter cambiare il mondo e l’ha fatto, ecco perché ne scriviamo.

 

Vi lasciamo con quello che forse è lo spot Apple più bello: Think Different, che in italiano ha la voce di Dario Fo.

 

 

 

*quarta di copertina dell’ultimo numero del Whole Earth Catalog, citata da Steve Jobs nel suo celebre discorso ai laureandi di Stanford

06/10/2011
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