Si salvi chi può: i giovani e la povertà

 

Schermata 2014-03-04 alle 15.41.07

 

di Luca Bossi

 

Sabato 22 febbraio si è svolto l’Evento di metà Campagna per la Cittadinanza 2013-2014: intitolata “Si salvi chi può”, la Campagna annuale di Acmos è così giunta alla conclusione della prima fase di lavori di studio e confronto dei Gec, i Gruppi di Educazione alla Cittadinanza, formati dai giovani della rete nazionale di Acmos: studenti tra i 15 ed i 25 anni delle scuole e delle università di Piemonte, Liguria, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto.

In oltre un centinaio si sono riuniti, alla presenza dell’antropologo Alberto Salza, per fare il punto dei primi cinque mesi di ricerca e discussione sul tema cardine di quest’anno: le vecchie e nuove povertà, declinate nelle categorie della povertà culturale, materiale, di relazioni e di futuro.

Gli esiti del loro lavoro, raccolti in un video, sono stati accompagnati dalla presentazione dei risultati dell’inchiesta sulla percezione della povertà da parte dei giovani, svolta da Acmos su di un campione di 100 ragazzi dell’associazione e di 2.400 studenti afferenti a 12 istituti superiori: a Torino gli istituti Boselli To1 e To3, Rosa Luxembourg, Peano, Plana e i licei Copernico e Giordano Bruno; a Chivasso il liceo Newton; ad Ivrea l’istituto Olivetti ed il liceo Gramsci; a Nichelino l’istituto Maxwell.

 

L’inchiesta

Anzitutto una premessa sul metodo: condotta nel mese di gennaio 2014 tramite questionario semi-strutturato autocompilato via web, l’inchiesta ha ottenuto un tasso di risposta del 53%; dei 1.326 questionari compilati ricevuti, 1.009 si riferiscono a soggetti di età compresa tra i 16 ed i 25 anni, equamente suddivisi per genere. Un lavoro intenso e complesso, che ha visto gli educatori, il Performing Media Lab ed il Centro Studi dell’associazione impegnati nella costruzione, predisposizione e diffusione del questionario.

 

La povertà per immagini

Ai giovani partecipanti è stato chiesto di reagire ad un set di foto-stimolo, raffiguranti diverse immagini-tipo legate alla povertà: quella di una donna anziana impegnata a rovistare in un cassonetto dei rifiuti; quella di due bambini di etnia rom, impegnati nella medesima attività; l’immagine di un trentenne in abito da ufficio, seduto su un marciapiede, con accanto un cartello che recita “looking for a job”; la celebre fotografia di Kevin Carter, “Bambino con avvoltoio”, scattata nel 1993 in Sudan; l’immagine di una bambina bionda addormentata accanto alla madre sul selciato del marciapiede di una città italiana; la fotografia di un bambino ben abbigliato, solo ed accovacciato di fronte alla televisione. L’analisi delle frequenze svolta su singoli termini ha portato in evidenza alcuni campi semantici fortemente ricorrenti nelle descrizioni raccolte.

Con alcune sorprese: “povertà”, senza dubbio il campo maggiormente evocato, scompare quasi del tutto nel caso del giovane professionista in cerca di lavoro, sostituito da “disoccupazione”; ricorre invece molto spesso anche nel caso del bambino benestante, solo davanti alla televisione: come a dire che per molti giovani piemontesi la povertà si misura anche in fatto di relazioni.

L’identificazione del soggetto, una volta esclusa l’etichetta di “povero”, avviene per lo più attraverso l’età: ci si riferisce ad un’anziana, un giovane, dei bambini. Anche quando l’immagine ritrae due soggetti etnicamente connotati, i rispondenti ricorrono al campo semantico della “infanzia” piuttosto che a quello del “nomadismo”: i due rom che rovistano nel cassonetto sono visti anzitutto come bambini, al pari del bimbo sudanese e di quelli europei.

Quanto alla “povertà di futuro”, questa viene sì associata a tutte le immagini, pur con una frequenza molto ridotta; frequenza che aumenta sino a raggiungere quote significative soltanto nel caso del giovane professionista disoccupato e, a seguire, nel caso dei due bambini che cercano oggetti nel cassonetto.

 

La povertà per definizione

Un secondo set di domande ha chiesto ai giovani piemontesi di reagire ad alcune affermazioni relative alla povertà: tra queste, spicca il sostanziale dissenso nei confronti della povertà intesa come “colpa individuale” o “fonte di pericolo per gli altri”; dissenso registrato anche nei confronti della definizione Istat della soglia di povertà relativa per una famiglia composta da due persone: la maggioranza dei rispondenti pensa che un reddito mensile di mille euro non sia sufficiente per collocare una coppia oltre la soglia di povertà relativa.

Quanto all’affermazione “povero è chi non può aiutare né essere aiutato”, riferita da un ragazzo sud sudanese ad Alberto Salza nel corso di un’intervista svolta nel 2009 e riportata in Eliminazioni di massa, i rispondenti si sono detti profondamente contrari; due le ipotesi che a prima vista è possibile azzardare: che i giovani piemontesi siano meno legati alla concezione di povertà relazionale, o che vedano anche nella povertà una condizione umana nella quale sia possibile esprimere solidarietà.

Spostandosi, infine, verso le affermazioni più clementi nei confronti della povertà e maggiormente riconducibili al dominio dell’immateriale, i casi di accordo sostanziale aumentano, invertendo la tendenza.

 Tabella 1

 Scenari di povertà

L’ultimo set di domande proposte ha chiesto ai partecipanti di descrivere con brevi parole tre ipotetici scenari futuri: uno relativo alle aspettative su se stessi tra trent’anni, un secondo relativo alle aspettative sul Paese nel quale si vivrà, un ultimo scenario dedicato alle “cose da salvare”, cinque elementi fondamentali che si vorrebbe portare nel futuro.

Anche in questo caso l’analisi delle frequenze restituisce campi semantici definiti e ricorrenti: se la precarietà viene citata raramente, come anche la stabilità, ed il Paese di riferimento resta per molti l’Italia (pur con buona frequenza di riferimenti all’estero) tra le tante voci registrate spiccano in particolare quei termini riconducibili al campo delle relazioni private: famiglia, relazione sentimentale, casa.

Il campo della cultura appare con frequenza sostanzialmente minore; il campo dei valori è per lo più tralasciato, tanto quanto il campo della fede e della religione in genere; sorte condivisa con il campo dello spazio pubblico e dei ruoli sociali di più ampio respiro agli ultimi posti in tutti grafici riportati.

 

 Tabella 2 

 Tabella 3 

Tabella 4 

La Campagna continua

Ad Evento di metà Campagna concluso, per gli oltre cento giovani di Acmos si apre ora la seconda fase di lavoro: schede di approfondimento e dati alla mano, ciascun Gec si confronterà sulle riforme passate ed attuali adottate in Italia ed Europa, approfondendo, tra i vari, i temi legati all’istruzione, al diritto alla salute, alle case popolari ed all’emergenza freddo, al lavoro, alla disoccupazione giovanile, al reddito minimo, al contrasto dell’illegalità, della corruzione, dell’esclusione economica e sociale.

Con gli occhi ben aperti sul ruolo del privato sociale e su quello delle istituzioni, statali e sovranazionali: uno sguardo all’Italia ed uno all’Europa, per immaginare scenari futuri di dignità e democrazia.

04/03/2014
Articolo di