Scuola, futuro e democrazia


Recentemente il tema scuola è tornato sulle colonne dei giornali. Il motivo dell’interesse è da attribuirsi a due fatti:

  • la pubblicazione dell’annuale inchiesta della Fondazione Agnelli che ogni anno stila una classifica degli istituti piemontesi
  • il reportage sul rincaro delle tasse di iscrizione delle scuole pubbliche uscito su La Stampa lunedì 29 marzo.

La Fondazione Agnelli ha ordinato le scuole prendendo “in considerazione il solo effetto scuola, la qualità dell’insegnamento, l’organizzazione scolastica, la capacità di orientamento. Per i ricercatori questo è uno dei fattori più importanti nella scelta di una scuola”. Questa considerazione non può che farci balzare sulla sedia. Un padre costituente, Piero Calamandrei, aveva già nel 1950 messo in risalto il nesso esistente tra la qualità della scuola pubblica e il rigenerarsi della democrazia. Acmos crede fortemente che questa sia la maggior funzione pubblica dell’educazione statale. Realizzare una classifica concentrandosi sulla sola riuscita accademica e poi lavorativa di un ragazzo, significa dimenticarsi del compito più ostico e delicato che la vita dietro i banchi dovrà insegnargli: saper stare all’interno della società.

La nostra scelta di ricerca, la Vespa, si muove dentro questi contenuti: come la scuola dovrebbe aiutare a costruire relazioni e sogni. Non pretendiamo che la nostra sia l’unica lettura possibile di quelli che dovrebbero essere gli obiettivi di un istituto superiore, ma siamo convinti che schiacciando la prospettiva esclusivamente sul piano didattico tanto varrà tra qualche anno tornare alla figura del precettore. Una buona scuola deve costruire futuro individuale (preparando uno studente alla carriera universitaria) e collettivo (generando capitale sociale).

Arrivando al futuro arriviamo al secondo dei due punti: i soldi. Le scuole aumentano il costo delle tasse d’iscrizione per sostenere spese soprattutto ordinarie (cara igienica, toner, et cetera). I finanziamenti ministeriali continuano a ridursi e le amministrazioni scolastiche devono fare i salti mortali per chiudere i loro bilanci. Lasciamo esprimere il giudizio finale su questo aspetto proprio a Piero Calamandrei:

“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle.”

06/04/2010
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