Scheletri di mafia, stragi e trattative


Salvatore Riina, è indagato dalla Procura di Napoli,  per la strage del rapido 904. Riina ha ricevuto in carcere una ordinanza di custodia cautelare per la strage  del treno rapido 904, che avvenne il 23 dicembre del 1984 e costò la vita a 15 persone. Non che questo cambi la situazione processuale o detentiva di Riina, ormai carico di ergastoli sulle spalle, ma certo queste nuove indagini aprono interrogativi inquietanti. Intanto perchè la strage del rapido 904 anticipa, di un decennio, le azioni dinamitarde di Cosa Nostra (Firenze, Milano, Roma) e probabilmente si spiega come risposta violenta all’istruzione del Maxi Processo di Palermo; ma il secondo elemento che getta ombre profonde sulla vicenda, è che l’esplosivo in questione sarà lo stesso utilizzato per il fallito attentato a Falcone, nella sua villa all’Addaura, oltre che quello usato per uccidere Paolo Borsellino, in via D’Amelio, insieme alla sua scorta. Due episodi violenti, quest’ultimi, legati insieme dallo stesso filo di mistero: la presenza e forse il coinvolgimento, virtuale o fisico, di pezzi deviati dello Stato e dei Servizi Segreti, nei luoghi in questione, nelle ore immediatamente precedenti e successive.

Nuove rivelazioni, quest’oggi, di Giovanni Brusca, il boss che uccise Falcone, sua moglie e la scorta, e che da un decennio collabora con i magistrati: interrogato a Firenze, nel processo per le stragi del 1993, Brusca parla per la prima volta di trattativa, del celebre papello dunque, chiamando in causa il senatore Nicola Mancino, accusandolo di essere il referente istituzionale della trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra. Brusca sostiene che il tutto si arenò dopo la strage di via D’Amelio e che Berlusconi e Dell’Utri (tirati in ballo, per esempio, da Gaspare Spatuzza) non c’entrino nulla con le stragi.

Vedremo la replica di Mancino, che certo non si farà attendere, oltre al riscontro delle pesanti dichiarazioni di Brusca. C’è un nesso profondo tra le due vicende, è innegabile. Si intravede quel quadro sfuocato, in cui le intersezioni perverse tra Stato e Mafia, sono dirimenti per rileggere la storia del nostro Paese, negli ultmi 30 anni.

Resta, come spesso accade, l’impressione di avere rimestato il nostro passato più torbido e oscuro, senza tuttavia essere riusciti a fare chiarezza, una volta per tutte.

Chi sapeva e chi trattò? Per conto di chi? Perchè si interruppero i contatti? Per quale motivo dopo quasi vent’anni non si riesce a ricostruire la verità? Già, la domanda di fondo rimane questa: perchè?

Sarà democrazia e unità d’Italia fino in fondo, quando daremo risposte certe, anche a questi interrogativi.

03/05/2011
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