Sanperè! Venisse il fulmine

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Sanperè! Venisse il fulmine è il tentativo di restituire l’Emergenza Nordafrica dall’interno di un centro di accoglienza nel cuneese. Protagonista indiscusso del lungometraggio è Diarra, immigrato poco più che ventenne, la cui vita compare e scompare a piccoli pezzi durante le lunghe scene del documentario. L’idea della regista Francesca Frigo sembra essere quella di non intervenire particolarmente sulla scena né sulle immagini, ma il girato risulta in alcuni tratti artificioso, come nella lunga scena in una carrozza del treno dove l’interlocutore di Diarra guarda più volte in macchina e la presenza dell’autrice diviene netta.

 

L’opera è costruita a quadri, separati tra loro dalla scelta stilistica di qualche secondo di nero, ed in ognuno di essi ritroviamo Diarra che dialoga con qualcuno, e che approfondisce la sua storia con i compagni del centro cuneese o con quelli di Settimo Torinese: veniamo a poco a poco a conoscenza dei dettagli intimi della sua vita, del suo matrimonio, ma anche del viaggio con il barcone per approdare sui nostri lidi e, infine, la disperazione per la chiusura del centro dopo soli due anni con un biglietto di via di cinquecento euro contanti.

Il documentario scaturisce dall’osservazione del centro per circa un anno, ed è quindi interessante notare la scelta dei dialoghi mantenuti e di quelli, probabilmente, scartati, nella costruzione della storia: fatta eccezione per la chiacchierata a tre centrale, dove i giovani ragazzi raccontano il loro travagliato percorso per giungere sulle coste italiane, gli altri sono costituiti prevalentemente da chiacchierate scanzonate. Manca un filo conduttore che sviluppi una storia -pur con la consapevolezza che non esiste una storia, nel significato formale del termine, nel raccontare una realtà come questa.

 

27/11/2013
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