Rifiutati dalla sorte e dagli uomini

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Lunedì 16 giugno è stato presentato al cinema Massimo di Torino il documentario di Vieri Brini ed Emanuele Policante, dal titolo “Rifiutati dalla sorte e dagli uomini”. Il lavoro offre un ritratto dettagliato della situazione del gioco d’azzardo in Italia, attraverso una molteplicità di punti di vista che consentono allo spettatore di maturare un’idea indubbiamente completa del fenomeno. Ma cosa si sa realmente del gioco d’azzardo? Nonostante se ne conoscano genericamente i rischi, è così diffusa la coscienza della sua reale pericolosità?

Dal punto di vista dell’individuo, il gioco, come spiega nel documentario Mauro Croce, tra i massimi esperti in Italia di questo tipo di dipendenza, provoca i medesimi effetti delle sostanze oppiacee come eroina o morfina: è necessario un aumento progressivo delle dosi per ottenere le stesse emozioni, il che ne peggiora inevitabilmente l’impatto. Il dramma si scatena prima di tutto all’interno della dimensione privata. Come rivelano alcune testimonianze di ex giocatori o di loro congiunti, la sfera affettiva, oltre quella economica, è quella che subisce gli impatti più destabilizzanti: l’intera vita delle persone viene regolata e scandita attorno all’idea del gioco e sono i familiari stretti a doversi far carico di questo peso. Annamaria Quinterno, ex moglie di un giocatore, fornisce una testimonianza illuminante “La cosa più pesante non era fare i conti e stabilire quello che mi serviva, per poi decidere come utilizzare le risorse che riuscivo a salvare; la cosa più pesante era fronteggiare quotidianamente la richiesta di denaro. La richiesta partiva con una cifra elevata, allora erano le 50 mila lire, 30 mila lire, oggi sarebbero sui 50 euro. E io non volevo darli a mio marito, cercavo di non darglieli ma lui li voleva e li chiedeva ancora. Alla fine mi sono accorta che mi bastava dargli una banconota da 5 euro per farlo smettere e con quei 5 euro lui partiva e andava a giocare”

Gli impatti economici sull’economia Italiana

Al di là del privato però è interessante definire la portata macroeconomica del fenomeno. In questo senso è prezioso il contributo del sociologo Maurizio Fiasco, secondo il quale “Si è passati dal gioco d’azzardo tradizionale al gioco d’azzardo industriale di massa nell’arco di un ventennio: la prima fase è iniziata nei primi anni ’90, dove sul gioco si è costruita una politica fiscale rivolta ad incrementare le entrate erariali dello Stato, prelevando, ovviamente, di più sugli strati sociali più bassi”. La seconda, sempre secondo Fiasco, inizia nel 2002 quando vengono introdotte le Newslot: “(..) 350.000 installazioni di macchine da gioco sistemate nei luoghi della quotidianità, sotto casa, nei bar (..). La missione non è più quella di aumentare le entrate erariali, ma di costruire l’economia dei giochi, quindi aprire uno spazio di mercato rinunciando ad una parte importante delle entrate tributarie a favore dell’arruolamento di massa, delle persone di ogni età e condizione sociale, con prevalenza degli strati più bassi”.

E’ lo Stato quindi che, rinunciando a una parte dei suoi introiti potenziali, sceglie di affidare al mercato un’attività con un simile tasso di perniciosità. Il mercato dal canto suo, abbandonato a sé, si comporta in questo ambito come in molti altri, creando situazioni pericolosissime che potrebbero sfociare in nuovi crolli. Anche nel campo del gioco d’azzardo infatti si sono sviluppate in Italia le condizioni per l’esplosione di una vera e propria bolla speculativa. La ricchezza patrimoniale delle famiglie italiane ha incoraggiato i concessionari a investire pesantemente sul territorio nazionale. Per farlo però si sono rivolte sia alle banche, che hanno offerto prestiti a tassi alti, sia al mercato dei titoli derivati, comprando strumenti rischiosi che comportavano interessi ancora più elevati. Nonostante la crescita continua dei giocatori, non è stato possibile raggiungere gli utili necessari per far fronte agli investimenti sostenuti; l’aumento capillare dei centri di gioco ha infatti ridotto progressivamente la marginalità sugli incassi. Ciò potrebbe portare un domani a un crollo del sistema, dagli effetti imprevedibili. Ci si potrebbe trovare nella situazione in cui l’ancora di salvezza potrebbe essere rappresentata dai denari provenienti dall’economia criminale, la quale gestisce interamente il gioco illegale e vede in quello legale la strada più comoda e immediata per riciclare denaro sporco. A fronte di tutto ciò appare quanto mai necessario un intervento solerte da parte dello Stato per ridimensionare questi fenomeni. Il rischio più che evidente è quello di consegnare alle mafie l’ennesima fetta dell’economia italiana, un comparto che muove la bellezza di 80 miliardi di euro all’anno. C’è da sbrigarsi.

25/06/2014
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