REWIRE #ijf14

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Rewire è il nome del nuovo libro di Ethan Zuckerman, membro del MIT e tra i fondatori di Global Voices, che ha partecipato gli scorsi giorni al festival internazionale di giornalismo di Perugia.

Zuckerman è una presenza imponente in tutti i sensi: ironico e arguto, gestisce la discussione del suo libro con Luca De Biase de Il Sole 24 ore con spontaneità. “Recentemente Hugo Barra ha lasciato un posto di responsabilità da Google per trasferirsi in Cina a lavorare per la XIAMO. Nonostante le dicerie sul fatto che ci fosse dietro una relazione con una donna, la verità è che chiunque lavori nel mondo della comunicazione e pensi che la Cina non sia un posto interessante, si sta sbagliando”. Così inizia il suo ragionamento sul mondo contemporaneo dei media, e prosegue attraverso una carrellata di applicazioni e software orientali che potrebbero potenzialmente sbaragliare la concorrenza americana, come Weibo e WeChat.

 

OMOFILIA e rewire

 

Ma il concetto per il quale è famoso Zuckerman è un altro, ed è quello di omofilia. Come sostiene nel suo libro e in molte delle sue conferenze, l’uomo è naturalmente portato a stare con persone simili a lui, che hanno gli stessi interessi e le stesse idee. Non c’è nulla di male in questo, ma alcuni effetti possono essere disastrosi. Nonostante nel web sembri esserci il potenziale per un maggior numero di informazioni, Zuckerman mostra – e dimostra –  come negli USA le informazioni sul resto del mondo siano passate in pochi anni dal 33% al 12%. Ci sono più notizie, ma sempre più uguali. Quindi, con il motto fight the frame, ha fondato Global Voices, cercando di dare voce soprattutto a quei paesi di cui parliamo poco o nulla nelle testate nazionali e non, in particolare in Africa.

Il concetto chiave, per lui, è quello di serendipity.

 

GLOBAL VOICES

 

Per capire un Paese bisogna viverlo. Questa frase è banale, ma non sempre nel mondo dell’informazione ce ne ricordiamo adeguatamente. Quello che Global Voices cerca di fare, infatti, è aumentare l’output dei link disponibili per gli utenti in merito a questioni interne in zone del mondo spesso dimenticate dai media tradizionali. Jillian York, una delle reporter che scrive dal 2007 per il gruppo, ha vissuto per anni in Marocco prima di scriverne. Le grandi testate, spesso, dimenticano alcuni luoghi fino allo scoppio di un violento conflitto, come il caso attuale della Repubblica Centrafricana, e spediscono inviati per brevi periodi chiedendo loro di compiere un’impresa impossibile: comprendere cosa stia realmente accadendo. Certo, anche Global Voices ha qualche limite: Zuckerman lamenta il fatto di essere riuscito ad incrementare la disponibilità di informazioni, ma non la domanda. La strada è ancora lunga, ma il percorso sembra quello giusto.

 

 

07/05/2014
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