Referenti come testimoni

Si è conclusa oggi pomeriggio la due giorni di formazione in Cascina Caccia, destinata ai referenti di Libera Piemonte. Come espresso nel comunicato di ieri, il primo e costante pensiero è stato rivolto alla tragedia di Brindisi. In apertura si è scelto, quale modalità per esprimere smarrimento e indignazione, di continuare a lavorare, anzi di “lavorare ancora di più”, come ha sottolineato la referente regionale Maria Josè Fava, perché allo shock non può che seguire un impegno più convinto per costruire una società meno schiava di ingiustizia, mafie, terrorismo e criminalità. I referenti, circa sessanta persone da tutta la regione, hanno dapprima incontrato Davide Mattiello, responsabile di Libera Officina, che ha concluso con questo appuntamento il suo incarico in giro per l’Italia, poi, in serata, il presidente della Commissione antimafia Roberto Tricarico, insieme a Marco Grimaldi, consigliere e membro della medesima commissione, per finire con Francesca Rispoli, in veste di coordinatrice della segreteria regionale, e con Leopoldo Grosso del Gruppo Abele. Al centro della formazione, “il ruolo del referente”: partendo dal confronto tra differenti esperienze, quali accorgimenti possono rendere più efficace, ai fini dell’azione interna ed esterna alla rete di Libera, il compito del responsabile (di presidio o di coordinamento o di segreteria)? Seguendo le direttrici della gestione degli equilibri di gruppo (aggregando, motivando e ri-motivando) e dell’organizzazione del lavoro, conseguenza naturale della prima, sono emersi molti spunti utili. Il referente “ideale”, agli occhi dei presenti, dovrebbe avere alcune attenzioni e sviluppare la capacità di: integrare e ampliare costantemente il gruppo, facendo attenzione ai nuovi membri e all’esterno, inteso anche come rapporto con le altre realtà, della rete e non, evitando autoreferenzialità e chiusure; ascoltare le differenti esigenze, dare fiducia e delegare in maniera diffusa le responsabilità (assegnando incarichi), saper fermare le attività quando il gruppo chiede di riformulare tempi ed obiettivi; saper essere propositivo, proattivo e creativo, anche nelle modalità di coinvolgimento; saper valorizzare le specificità di ciascuno; saper accettare ed elaborare in maniera costruttiva la critica, anche quando proveniente da una minoranza. Parole chiave sono state coerenza, esempio e testimonianza, equilibrio, umiltà e pazienza. Dal confronto nei gruppi e in plenaria sono emersi, come hanno evidenziato i relatori, una positiva capacità d’intendersi su linguaggi ed orizzonti esistenziali comuni – la lotta alle mafie nel paese -, nella pluralità di provenienze, nella libertà e consapevolezza. Insomma, il Piemonte conta su un’invidiabile rete che lavora e cresce. Orgogliosi e al contempo timorosi di non essere abbastanza capaci di affrontare le sempre maggiori sfide dell’antimafia sociale, andiamo avanti!

20/05/2012
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