Referendum: a Bologna sono tutti contenti

Il tema è importante e discusso, da tempo: il finanziamento pubblico alle scuole private. I bolognesi dovevano dire se destinare o meno la quota prevista a bilancio per il 2013 alle materne private. Il corrispondente in denaro è una cifra di lieve entità: un milione e mezzo di euro. Hanno vinto i sì all’abolizione del finanziamento pubblico, con un netto 59% dei votanti.
Il problema è il numero, dei votanti. Meno di un elettore su tre. Il 28.7% in totale. Fortunatamente non serviva il quorum.
Ora, i pareri si sprecano sulla correttezza o meno del dare ascolto ai vincitori del referendum – così pochi e poco rappresentativi – oppure procedere come se nulla fosse successo.
Ma cosa è successo veramente domenica scorsa, perché abbiano votato così in pochi e come la vedono davvero i bolognesi a pochi interessa. Così lo abbiamo chiesto noi a chi a Bologna ci vive e nelle scuole bolognesi, ci è passato e ci lavora.
Andrea Giagnorio, presidente dell’associazione PrendiParte che si occupa di formazione nelle scuole e gestione dei doposcuola, ha risposto.

In quale clima si è svolto il referendum?

Senza dubbio il clima era teso e viziato da polemiche non solo sul merito della questione, ma anche sul metodo. La particolare criticità nello svolgimento è stata il numero dei seggi messi a disposizione dall’amministrazione comunale: 200, contro una richiesta del comitato promotore di 450. Questo ha comportato per tanti bolognesi lunghi tragitti, anche di vari chilometri (alcuni addirittura sei!), per poter esercitare il proprio diritto di voto. L’accusa del comitato Articolo 33 all’amministrazione comunale (il sindaco Merola del Pd si è espresso chiaramente a favore dei finanziamenti ai privati) è stata chiara: un arbitro non può incentivare all’astensione, al fine di dare meno peso al risultato di un referendum solo consultivo, per potersi tenere le mani libere.

Il fatto che abbia votato un numero così esiguo di cittadini vuol dire che il tema, a dispetto dell’amplificazione nazionale, interessasse poco ai bolognesi?

Questo è un tema che apparentemente non tocca tutti i cittadini e questo ha contribuito a causare la bassissima affluenza. Evidentemente anche qui a Bologna, città considerata faro nelle politiche educative dell’infanzia, abbiamo perduto la consapevolezza di quanto sia importante e fondamentale la scuola, non solo per chi ha figli o chi li avrà, ma per tutta la comunità; abbiamo trascurato l’idea della centralità della scuola, e quindi dell’educazione, nello sviluppo e nella crescita culturale, politica, sociale ed economica del nostro Paese. La scuola non è più considerata argomento di tutti, ma solo di chi ha figli o di chi ci lavora.

Cosa succederà ora: l’opinione uscita dalle urne diventerà esecutiva o, vista la scarsa affluenza tutto rimarrà com’è? Insomma, come commentano i bolognesi il risultato referendario?

A Bologna sembrano tutti contenti: i referendari esultano perchè nelle urne ha vinto nettamente l’opzione A, da loro sostenuta; i sostenitori del B, dall’altro lato, sono soddisfatti perchè la bassa affluenza rende poco vincolante l’esito della consultazione. Questa situazione – senza vincitori nè vinti – ha contribuito all’abbassamento dei toni: il sindaco Merola ha dichiarato che le convenzioni che erogano i fondi pubblici alle scuole private paritarie non saranno abolite, ma poi ha proseguito dicendo che “non può essere ignorata la domanda di scuola pubblica uscita dalla consultazione” e che quindi lavorerà, “tenendo conto di chi ha votato A, per migliorare il sistema”. La decisione se cambiare o meno le convenzioni spetterà, comunque, entro tre mesi, al consiglio comunale, dove il Pd (compatto per l’opzione B, cioè a favore del finanziamento ai privati) ha la maggioranza relativa e dove decisivo è Sel, che, unito per la A, ha dichiarato che sarebbe gravissimo e inaccettabile che il sindaco e l’amministrazione della città non guardassero al responso referendario. Staremo a vedere cosa succederà, con una certezza: l’amministrazione si giocherà in questa partita un bel numero di voti decisivi a sinistra.

Voi, che con l’associazione PrendiParte fate formazione nelle scuole, quale ritenete che sia la reale posizione della città verso il tema del referendum?

Noi di PrendiParte abbiamo seguito da vicino il dibattito attorno a questo referendum che tocca il mondo nel quale operiamo. A fine aprile abbiamo organizzato un dibattito tra una consigliera comunale del Pd, favorevole al finanziamento pubblico, e un membro del comitato Articolo 33, promotore del referendum. Un dibattito aperto alla cittadinanza per approfondire le tematiche e i risvolti amministrativi e politici di una consultazione solo apparentemente semplice. E’ stato un dibattito acceso, aspro, ma soprattutto vero. E come è naturale alla fine di tutti i dibattiti veri e aperti alcuni di noi di PrendiParte (siamo più di trenta ragazzi) si sono fatti un’idea a favore dell’opzione A, altri a favore dell’opzione B, altri ancora hanno contestato lo stesso referendum, giungendo alla conclusione che non fosse il modo giusto di affrontare la questione. Tanta diversità al nostro interno: una diversità che è ricchezza e crescita comune. Una diversità che ancora rispecchia, a mio dire, l’opinione cittadina.

30/05/2013
Articolo di