#PrayforParis…e poi?

 

parigi

 

È sabato 14 novembre 2015 e vicino alla sala concerti Bataclan, a Parigi, un ragazzo suona un pianoforte di colore nero, con il simbolo della pace disegnato sopra. Suona Imagine, di John Lennon.

Le note riecheggiano nel silenzio tombale di una strada di perifieria parigina è dedicata ai 129 morti e ai 352 feriti, di cui circa 100 in gravi condizioni, in seguito agli attentati rivendicati dagli assassini dell’ISIS, in quel maledetto venerdì 13.

Parigi, città nel cuore dell’Europa, è stata colpita, in un lasso di tempo di circa 20 minuti, in zone strategiche diverse.

Allo Stade de France – a Saint-Denis, banlieu Nord, dove si stava giocando l’amichevole tra Francia e Germania -, al ristorante La Petite Camodge, nel X arrondissement e al Bataclan, nel XI arrondissement, dove stavano suonando gli Eagles of death metal.

Gli attentati di due giorni fa riaccendono il dolore parigino ed europeo già vissuto agli inizi di gennaio, dopo la strage alla sede del periodico Charlie Hebdo.

Parigi sembra di nuovo vuota, arrabbiata, triste, spaventata, incredula. Parigi ha di nuovo paura, questa volta più di prima. Le strade sono semideserte, chi può evita la metropolitana, prediligendo i bus e i taxi. Perché questa volta non sono state prese di mira fumettisti che ironizzarono troppo su Maometto, questa volta sono stati colpiti bambini, giovani e adulti la cui unica colpa era di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Queste stragi hanno risvegliato quell’angoscia che Parigi stava piano piano dimenticando, pronta finalmente a cambiare pagina.

 

L’ISIS ha deciso di intensificare il proprio attacco: l’intenzione è ora colpire dei civili per punire uno Stato, un continente. La carneficina di venerdì sera, infatti, è stato uno schiaffo in faccia non solo per la Francia, ma per l’Europa tutta.

Messaggi di cordoglio e sostegno sono stati inviati alla Francia da tutti i massimi esponenti mondiali e tutti i monumenti più importanti del mondo intero sono stati, anche se per pochi minuti, colorati di blu, bianco e rosso.

Quello che ora si percepisce a Parigi, oltre alla paura e all’angoscia, è tanto imbarazzo.

L’imbarazzo di un Governo già debole che, per la seconda volta, viene colpito da un attentato.

 

L’imbarazzo di un Governo che si trova di fronte a un’impopolairtà storica (Hollande a ottobre era al 17% di popolarità, mentre Valls al 24 secondo l’Instituto YouGov), il cui arduo compito è di tenera testa a una destra combattiva e spietata. Da una parte vi è il Front National, capitanato dall’inarrestabile Marine Le Pen che acquista ogni giorno di più popolarità e consenso, nutrito dal senso di insurezza e paura che sta dilagando in Francia. Marie Le Pen, che durante le scorse elezioni ha vinto le elezioni europee con circa il 40% delle preferenze, propaga una politica di chiusura e di nazionalismo radicato (giudicato da molti xenofobo e razzista) che, in questo momento, sembra convincere sempre più francesi.

 

Dall’altro lato, Nicolas Sarkozy, ex Presidente della Repubblica e ora Presidente dei Repubblicani (ex-UMP) gioca le sue carte in modo strategico e, a tratti, convincente. Gli attentati degli ultimi giorni hanno, da un punto di vista politico, rafforzato la figura di un ex-Presidente tornato a combattare per la riconquista dell’Eliseo, approfittando della debolezza del suo avversario.

Gli attentati, quindi, mettono François Hollande in una posizione già difficilmente gestibile.

Tutti i più importanti esponenti politici mondiali sono ormai d’accordo che una strategia non solo europea, ma internazionale, deve assolutamente prendere il sopravvento.

Il problema è come sarà attuata, questa strategia.

La solidarietà, la benevolenza e i gesti di affetto che tutto il mondo ha dedicato a Parigi negli ultimi giorni hanno riacceso un po’ di speranza e hanno fatto risentire quel gusto che ci piace, ci commuove.

 

Questo sostegno ricevuto da tutti ci fa capire che noi sappiamo bene, in fondo, in quale mondo vogliamo vivere. Non di odio e paura, di terrorismo e guerre, ma nel mondo “suonato” da quel pianoforte, solo poche ore dopo la strage, in cui non ci siano motivi ” per cui uccidere e morire .. [e] che tutti vivano la loro vita in pace“.

16/11/2015
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