Polvere di stelle – "Marilyn"

 

 

Il desiderio di normalità, la fuga dai paparazzi, la perenne insicurezza sul set, il fascino folgorante che faceva capitolare gli uomini ai suoi piedi. Tutte cose risapute di Norma Jean Baker (1926-1962), in arte Marilyn Monroe, icona del cinema del ‘900, morta prima del tempo e ancora in grado di accendere l’immaginario collettivo. Il film di Simon Curtis, tuttavia, si concentra su un frangente della vita di Marilyn: nell’estate del 1956 ella si trova in Inghilterra per le riprese di una commedia romantica, diretta dal grande Sir Laurence Olivier. Durante questo periodo conosce un giovane assistente alla regia, Colin Clark, e con lui cerca l’evasione dalla fama, dal gossip, dalle bizze di Olivier (uno straordinario Kenneth Branagh), dai suoi stati depressivi. Colin, forse innamorato o forse solo incapace di negarle il suo aiuto, asseconda la diva americana nelle sue fughe per la campagna inglese, pensando di avere di fronte un’anima fragile. 

 

Il film si basa sui diari di Colin Clark, pubblicati trent’anni dopo la morte della Monroe. La trama scorre piacevole, senza colpi di scena eclatanti. A Michelle Williams l’arduo compito di far rivivere sul grande schermo la divina Marilyn, anche nella sue ossessioni private e la sua autodistruttività: una scommessa vinta, ottima performance dell’attrice americana, giustamente candidata all’Oscar, insieme a Branagh (entrambi però battuti).

 

Ne esce un ritratto intimo di una ragazza insicura, con la perenne frustrazione di non essere all’altezza (anche nelle relazioni amorose), ma di un talento innato e speciale. Il sogno biondo di migliaia di uomini, nella realtà si spegnerà prima del tempo, in un epilogo amaro. Nella finzione del cinema, Marilyn rivive e nel finale riesce a far sorridere noi spettatori, come guardando una vecchia foto, di un parente spensierato e ricordarcelo familiare.

29/06/2012
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