Pino Maniaci: cane da guardia sì, chiuaua no



L’intervista che leggerete qui sotto è il frutto di quattro giorni passati insieme ad un vero giornalista: Pino Maniaci. Con la sua TeleJato, insieme alla figlia Letizia e alla moglie Patrizia, ogni giorno fa i nomi e cognomi dei mafiosi della zona salvo poi ritrovarseli sotto la redazione. Insieme a loro ci siamo anche noi e continueremo ad esserci. Non resta che seguire gli sviluppi e gli aggiornamenti sul portale www.salvagente.acmos.net

Nella terra che fu di Danilo Dolci e di Peppino Impastato, ogni giorno Pino Maniaci, direttore di teleJato, trasmette il suo tg facendo i nomi e cognomi dei mafiosi del proprio territorio. A Partinico, dove nel raggio di pochi chilometri sono stati catturati latitanti del calibro di “Binnu” Provenzano, Mimmo Raccuglia e i Lo Piccolo, TeleJato Notizie viene seguito da migliaia e migliaia di cittadini.

Il nostro telegiornale funziona come un ufficio dell’anagrafe perché siamo i soli che facciamo i nomi e cognomi dei mafiosi della nostra zona.

TeleJato è ormai diventato un punto di riferimento per il territorio siciliano tant’è che il vostro modo di fare di giornalismo riesce ad influenzare e a trasformare la realtà.

Facendo i nomi e cognomi di chi sbaglia, si facilita la presa di responsibilità e si stimola il cambiamento. Basta pensare che grazie ad un nostro servizio di una settimana fa sono stati bloccati i lavori di costruzione della strada del porto di Balestrate che compiva un’ampia curva per evitare di passare sulla casa appartenente al mafioso Luigi Mutari, oggi agli arresti domiciliari. Per tanti anni il Comune, nonostante avesse ricevuto in gestione l’immobile confiscato, non ha avuto il coraggio di demolirlo. Solamente dopo i nostri servizi il sindaco si è deciso di abbattere quel simbolo del potere mafioso.

Quando avete iniziato ad avere la percezione di incidere realmente sullo stato della realtà dove agite?

Abbiamo attraversato tre fasi: nella prima la gente ci guardava per capire che cosa volevamo fare con TeleJato. Successivamente ci è stata riconosciuta una coerenza poiché dato che andiamo a indagare sia a destra sia a sinistra, cercando di denunciare le nefandezze della politica. La terza fase è stata ed è tuttora quella della correttezza dell’informazione, della continuità e del superamento dei tanti ostacoli incontrati lungo il nostro cammino. Negli anni passati, avete ricevuto numerosi attacchi.

Quali sono stati quelli più pericolosi?

Sono stati tanti gli atti intimidatori di stampo mafioso che abbiamo ricevuto in questi anni sia contro le nostre auto sia direttamente contro di me. Ma questi ce li potevamo aspettare. Gli attacchi più gravi però sono stati quelli che sono arrivati dalla politica, a colpi di lettere e denunce anonime. Ci hanno provato in tutti i modi a farci chiudere, ma non ci sono riusciti.

Qual è la tipologia di questi attacchi da parte della cosiddetta zona grigia?

Un ex assessore all’ambiente continuava a fare vignette e a provocarci infangandoci. Ha provato in tutti i modi ad attaccarci ma noi non abbiamo mai risposto per non metterci al suo livello salvo poi scoprire che costui era il nipote del boss Nene Gerace. Fin qui nulla di male, nessuno si sceglie i parenti, senonchè quando il boss morì, il nipote nonché assessore in carica andò ai funerali dello zio sedendosi in prima fila. Le telecamere di teleJato erano lì a documentare l’evento, nonostante i presenti abbiano provato a spaccare i nostri mezzi, e l’assessore fu costretto a dimettersi.

Qual è il ruolo del giornalista oggi?

Due settimane fa mi hanno invitato al festival internazionale del giornalismo di Perugia e davanti ad una platea colma di cronisti internazionali ho rimproverato agli organizzatori di aver organizzato un festival e non piuttosto un funerale del giornalismo. Il giornalista dovrebbe essere un cane da guardia del potere, ma in giro vedo troppo spesso tanti piccoli chiuaua.

12/05/2010
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