Palazzo San Gervasio: la gabbia italiana



Il movimento di liberazione nordafricano ha imposto all’intera area mediterranea una situazione di emergenza. I flussi migratori sono diventati in pochi mesi incontrollabili. Tutto questo proprio mentre in Italia si varava il reato di clandestinità e si celebravano positivamente i risultati ottenuti sul fronte immigrazione dal governo Berlusconi, grazie anche al patto stretto con Muhammar Gheddafi sul ferreo controllo dei porti libici. Oggi nulla sembra essere più lontano.
Il patto è sciolto e l’Italia fatica a organizzare la macchina dei soccorsi per coloro che fuggono dalla guerra e dall’indigenza. Siano essi nati in Algeria, Tunisia, Egitto, Libia o Siria. In migliaia partono dai porti africani per arrivare nel nostro Paese, pochissimi però intendono rimanerci: puntano più a Nord, verso Paesi in cui la richiesta di asilo per rifugiati è più semplice da ottenere, nazioni in cui i diritti sembrano – anche a loro che scappano dalla sciagura – oggetto di maggior tutela.
In Italia la parola ‘emergenza’ giustifica quasi tutto, comprese le violazioni alla Costituzione e alle leggi internazionali.
I Centri di identificazione ed espulsione nascono come funghi. Aree destinate all’accoglienza vengono trasformate in Cai (Centri di accoglienza e identificazione) oppure direttamente in Cie (Centri di identificazione ed espulsione) perché le strutture già esistenti non riescono più a contenere il numero degli arrivi. Una di queste è il Cie di Palazzo San Gervasio, provincia di Potenza.
Nato come Cai, dunque sotto il controllo della Protezione civile, ha subito una mutazione improvvisa: senza alcuna consultazione parlamentare o presso il Consiglio dei ministri, è diventato un Cie. La stessa cosa è successa in Italia per i centri di S. Maria Capua Vetere (Caserta) e di Kinisia (Trapani). Ulteriori anomalie stanno nelle condizioni in cui gli ‘ospiti’ vivono. Condizioni che non vanno raccontate, tanto che a nessuno per mesi è stato concesso l’ingresso. Solo una giornalista dell’Espresso è riuscita a entrare con una telecamera. Il servizio che ne è derivato ha denunciato una situazione inaccettabile: servizi igienici insufficienti, mura, palizzate, gabbie.

Per avere maggiori informazioni abbiamo contattato una giornalista freelance che abita e lavora in quelle zone. Si chiama Mariagrazia Zaccagnino e fa parte del coordinamento regionale di Libera Basilicata. Le abbiamo fatto alcune domande, ben sapendo che le risposte sarebbero state parziali: fino a pochi giorni fa l’accesso al campo era vietato a chiunque, a partire dai giornalisti. Il 17 giugno una delegazione di parlamentari è riuscita a entrare. Sono gli unici, oltre le forze dell’ordine e i reclusi a poter dire di aver visto le condizioni del campo.

Come è nato e dove si trova il Cie di Palazzo San Gervasio? “La tendopoli di Palazzo San Gervasio nasce i primi di aprile con un fax inviato dal Ministero dell’Interno nei giorni caldi dell’emergenza immigrati. Il fax è stato inviato direttamente alla Prefettura di Potenza bypassando gli enti governativi regionali. Il Comune di Palazzo, la Provincia di Potenza e la Regione Basilicata, hanno appreso dalla stampa che il campo di Palazzo sarebbe stato destinato all’accoglienza dei migranti. Tra l’altro quel campo, che per anni è stato utilizzato per la ‘sistemazione‘ dei lavoratori stagionali impiegati nella raccolta dei pomodori in Puglia e Basilicata, l’anno prima era stato chiuso dall’amministrazione del paese per carenze igieniche e strutturali. Dopo l’arrivo del fax del Ministero, nel giro di tre giorni, sono stati effettuati interventi edili, idrici ed elettrici, e infine sono state sistemate le tende, 64 in totale, ognuna da otto posti. Poi, con la consegna dei tesserini ai 500 ospiti, il campo ha repentinamente cambiato faccia: la recinzione esterna è stata sostituita da un alto muro di cemento e all’interno sono state montate delle vere e proprie “gabbie di metallo” che dividono l’area in vari comparti. Pare che al momento ci siano 56-57 ospiti ma nessuna telecamera è riuscita a documentare la vita all’interno della recinzione (a parte quella dell’Espresso). Il campo si trova su una strada isolata che da Palazzo San Gervasio va verso la Puglia. Non è una strada di passaggio: il posto ideale per non attirare ‘sguardi indiscreti‘.

Recentemente sono riusciti a entrare nel Cie alcuni parlamentari. Ai giornalisti è ancora vietato l’ingresso? È possibile che in Italia, ad oggi, il diritto di cronaca venga ignorato senza spiegarne le ragioni? “Gli onorevoli Touadì, Calipari e Giulietti, con un’apposita autorizzazione della Prefettura, sono riusciti a entrare nel campo. Hanno chiesto la possibilità di poter portare dentro una telecamera ma gli è stata negata. All’uscita hanno detto di aver trovato una situazione drammatica soprattutto per via del caldo (in tutta l’area non ci sono zone d’ombra). Giulietti stesso ha sostenuto che «L’assoluta mancanza di trasparenza nei luoghi di detenzione è una violazione della Costituzione. Ho assistito ad una sospensione dello stato di diritto che non può essere legittimata e che non riguarda solo i migranti rinchiusi, riguarda lo stato della democrazia nella nostra società»”.

Rimanendo in tema “diritti”. La cronaca dice che gli avvocati nominati da dodici dei reclusi nel Cie di Palazzo San Gervasio aspettano ancora di poter incontrare i propri assistiti. Quali ragioni adduce il Ministero degli Interni per spiegare questa negazione di diritti elementari?
“Quali spiegazioni abbia dato il Ministero lo ignoro ma so per certo che nel campo, al momento, sono entrati solo due avvocati del foro di Melfi autorizzati dalla prefettura che pare abbia disposto l’ingresso ai soli avvocati d’ufficio che la Prefettura stessa indica. In pratica gli ospiti del centro non hanno la possibilità di nominare un loro avvocato di fiducia ma devono ‘accontentarsi‘ di quelli d’ufficio. E sembrerebbe anche che i due avvocati che sono entrati nel campo (due donne), facciano seguito a una lunga lista di legali che si sono rifiutati di assumere il mandato”.

Sono giunte voci dell’utilizzo senza criteri della struttura di Palazzo come valvola per il centro, poco distante, di Manduria. Quando questo risulta troppo pieno alcuni clandestini vengono trasferiti a San Gervasio. Puoi confermare questa funzione? Qual è la situazione attuale del Cie di Palazzo San Gervasio: il numero degli ‘accolti’, quello degli agenti di polizia, i costi di mantenimento?
“E’ esattamente così: quando Manduria va in esubero gli immigrati vengono trasferiti a Palazzo San Gervasio. Ci hanno detto che non ci sono criteri per la ‘selezione’ degli uomini da mandare nel campo lucano. Per quanto riguarda la permanenza nel centro pare che non superi i 30 giorni ma questa è la voce ufficiale e noi non abbiamo la possibilità di smentirla. Il campo, che ormai è un vero e proprio centro di identificazione e di espulsione, è costantemente controllato da agenti di Polizia, Carabinieri, Guardia forestale e Finanza. I sindacati delle forze di Polizia sono abbastanza innervositi da questa situazione perchè gli organici, con lo spostamento degli uomini a Palazzo, vanno in deficit di personale e nessuno sa quanto durerà questa situazione. Per i costi, quando il centro era destinato all’accoglienza, si parlava di 54 euro al giorno per ogni accolto. Ora non saprei”.

Foto di Tony Vece






20/06/2011
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