Mon oncle

Nelle sale italiane è tornato il film di Jacques Tati del 1958, in versione restaurata, lingua originale e sottotitoli “Mon oncle”, seconda avventura del buffonesco signor Hulot, personaggio indimenticabile, perennemente con impermeabile, cappello e pipa in bocca. Vive in un appartamento in cima a un palazzo, che si affaccia su una piazza brulicante di vita e operosità. Spesso passa del tempo col nipotino Gèrard, che ha nove anni. I genitori del bimbo vivono in una casa avveniristica, piena di tecnologie e diavolerie meccaniche. Hulot va in giro in bicicletta, ma soprattutto osserva il mondo intorno a sè e ne coglie, con un sorriso sornione, i limiti e le piccole bellezze. Il padre di Gèrard cerca di far lavorare il cognato, pur mal sopportandolo ed essendo geloso del rapporto che ha con il figlio, nell’azienda di cui è direttore, ma non avrà grande fortuna.

Film che decretò il successo internazionale di Tati, premiato a Cannes e con l’Oscar per il miglior film straniero. Storia a tratti surreale, con tocchi di delicata umanità, oltre che stralunato umorismo. Si vede che Tati deve molto al cinema muto (Chaplin e soprattutto Buster Keaton) e alla slapstick comedy. Poco parlato, ma molto più profondo della superficie apparente: c’è una critica alla civiltà dei consumi, alla società di massa e le sue contraddizioni, alla libertà di non piegarsi al conformismo, oggi forse apparentemente scontate, piuttosto anomale per l’epoca in cui uscì.

A giugno vedremo nelle sale anche “Giorno di festa”, “Le vacanze di Monsieur Hulot” e “Playtime”.

Imperdibili!

08/06/2016
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