Milanese, Romano e le riforme italiane

 

Sono salvo per il rotto della cuffia”, così ha commentato Marco Milanese, avvocato 52enne, ex colonnello della guardia di finanza, deputato del Pdl nonché stretto collaboratore del ministro Tremonti e parlamentare coinvolto nel caso P4, la votazione alla camera relativa alla richiesta di arresto nei suoi confronti depositata a Montecitorio dai giudici della procura di Napoli.

 

Dalla scorsa estate i pm di Napoli, Francesco Curcio ed Henry John Woodcock indagano sulla P4, presunta associazione segreta finalizzata a “interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”. I primi nomi di riferimento nell’inchiesta furono quelli del faccendiere Luigi Bisignani, del parlamentare del Pdl Alfonso Papa, del sottufficiale dei carabinieri di Napoli Enrico La Monica e dell’assistente della Polizia di Stato Giuseppe Nuzzo.
Con l’avanzamento dell’inchiesta venne indagato anche Marco Milanese, accusato di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e associazione per delinquere. La procura di Napoli ha chiesto il suo arresto ma lo scorso 22 settembre è stato evitato dal voto alla camera: contrari all’arresto 312, favorevoli 306: “per il rotto della cuffia” appunto.
La misura presa per salvare Milanese non è una pratica inusuale presso il Parlamento. Io ero piccolo ma mi hanno raccontato che nel ’93 successe la stessa cosa con Bettino Craxi: di diverso ci fu solo il lancio delle monetine.
Pochi mesi prima di salvare Milanese (20 luglio) alla Camera era stata chiesta la stessa prestazione per altri soggetti, ma qualcosa andò storto. La maggioranza dei deputati disse sì all’arresto dell’onorevole del Pdl, Alfonso Papa, coinvolto nella stessa indagine di Milanese sulla P4. Su 612 presenti votarono a favore 319 deputati. I voti contrari sono stati invece 293. Alfonso Papa si trova ora in carcere.
Lo stesso giorno in senato si votava invece per l’arresto di Alberto Tedesco, senatore del Pd passato al gruppo misto, indagato dalla Procura di Bari per la gestione della sanità pugliese. Tedesco fu salvato: 151 no contro 127 sì.
Camera dei deputati e senato hanno la possibilità di negare la richiesta di arresto per coloro che ne fanno parte: deputati e senatori possono respingere le richieste di misure cautelari dei pubblici ministeri e tutelare così la loro maggioranza (come successo al Pdl nel caso Milanese) per evitare la caduta del governo. È intuibile come dietro a queste votazioni – quasi sempre segrete – si nasconda il peso specifico di colui che è sottoposto al voto: si capisce quanto è grande il pesce.
Un caso simile fu quello del senatore Nicola Di Girolamo (Pdl). Nel 2008 fu accusato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica. Insomma si era candidato nella circoscrizione estera del Belgio senza mai averne avuto la residenza. Il senato non concesse l’autorizzazione a procedere all’arresto depositata dai pm. Quando nel 2010 venne richiesto nuovamente l’arresto nell’ambito di una inchiesta sul riciclaggio di capitali della ‘ndrangheta, con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti e violazione della legge elettorale con l’aggravante mafiosa, Di Girolamo si dimise da senatore e patteggiò una pena a 5 anni di reclusione e la restituzione di 4,2 milioni di euro. Nel 2005 Pasquale Nessa, senatore Forza Italia, venne salvato dall’arresto, l’accusa era di concussione. Ad Antonio Paravia andò peggio nel 1995. Fu arrestato da senatore con l’accusa di corruzione poi prescritta nel 2004. Nel ’99 la giunta per le autorizzazioni a procedere del senato negò la richiesta di autorizzazione all’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa per Giuseppe Firrarello, senatore Pdl. Nel novembre del 2009 la stessa giunta della camera respinse la richiesta di arresto per Nicola Cosentino, deputato Pdl e sottosegretario all’Economia e alle Finanze, per il reato di concorso esterno in associazione camorristica. Nel ’99 non fu arrestato Dell’Utri, sul quale pendeva un’accusa di calunnia pluriaggravata a carico di alcuni pentiti di mafia.

Infine, non si tratta di una richiesta di arresto ma, oggi stesso la camera si è espressa sulla mozione di sfiducia presentata da Pd, e Idv nei confronti del ministro delle politiche agricole Francesco Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Con 315 voti contrari e 294 favorevoli, la camera ha respinto la mozione. Berlusconi si è detto “molto soddisfatto, anche perché ci sono stati 315 voti con le assenze giustificate e questo significa che la maggioranza è a 325 e si possono fare le riforme”. Viene da chiedersi quale sia al prima riforma cui penserebbe un deputato, un senatore o un ministro appena scampato all’arresto.

28/09/2011
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