L’ora più buia

Nel maggio del 1940 Winston Churchill (G. Oldman) riceve l’incarico dal Re di assumere l’incarico di Primo Ministro; il tutto arriva dopo che il predecessore Neville Chamberlain (anch’egli conservatore) ha perso la fiducia del Parlamento e l’ascesa di Churchill è la mediazione per aprire a un governo di coalizione, anche coi laburisti. Churchill crea un gabinetto di guerra, in cui Chamberlain e il visconte Halifax spingono per avviare negoziati di pace con la Germania, che nel frattempo sta dilagando in Europa, in apparenza in modo inarrestabile. Nei giorni successivi, fino alla fine del mese, i soldati britannici in Francia si ritirano verso Dunkerque, inseguiti dai tedeschi, nel tentativo di imbarcarsi e rimpatriare, insieme a quel che resta dell’esercito francese e belga. Churchill non vuol sentire parlare di resa e, interpretando l’umore del popolo, incita gli inglesi a una resistenza strenua, in un celebre discorso alla Camera, il 3 giugno di quell’anno.

Gary Oldman, superiore a ogni elogio, interpreta quello che forse è il ruolo della vita: un Churchill istrionico, pensieroso, a volte collerico, con uno strano senso dello humor e molte bizze personali, oltre ai quotidiani sigari uniti alla dose massiccia di whisky e champagne. Ha vinto un Golden Globe e facile che si guadagnerà anche la corsa agli Oscar. Per il resto, il talento del regista Joe Wright si vede in almeno due piani: certe inquadrature e certe sequenze (Churchill in auto che osserva Londra), ma soprattutto puntare su un ritratto del suo protagonista (merito anche della sceneggiatura) fatto di chiaroscuri, rifuggendo dalle trappole agiografiche del genere biopic.

Presentato anche al Torino Film Festival. In bocca al lupo a Oldman, se la meriterebbe una statuetta dorata!

18/01/2018
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