Legend

Ascesa e declino dei gemelli Kray (interpretati da Tom Hardy in un doppio ruolo), nella Londra anni ’60. Reggie, attraente e razionale, convinto di poter riciclare la sua reputazione come gestore di locali notturni per vip; Ronnie, violento e mentalmente disturbato, sedato dai farmaci ed omosessuale dichiarato. Il volto pulito e apparentemente presentabile e quello rozzo e brutale. Ma sono due facce della stessa medaglia, o meglio, della stessa ipocrisia. La loro scalata al crimine londinese, trova pochi ostacoli, molte connivenze e complicità autorevoli, una buona dose di omertà generalizzata. Ma non può durare in eterno. La storia è narrata da Frances, giovane ragazza innamorata di Reggie e che detesta Ronnie. E’ lei il terzo elemento di un triangolo di affetti e odi morboso e viscerale, dal quale cercano tutti e tre di sottrarsi, ma senza volerlo davvero e, soprattutto, senza riuscirci.

Brian Helgeland, sceneggiatore emerito (“L.A. Confidential”, “Mystic River”), porta sullo schermo per la seconda volta la vicenda criminale dei fratelli Kray (un primo film risale al 1990), firmando anche la regia. Lo fa con una sapiente rievocazione della Londra anni ’60, anche e soprattutto dal punto di vista musicale, affidando il ruolo di protagonista a Tom Hardy, che letteralmente si sdoppia, in un’ottima performance. Il risultato complessivo, tuttavia, non è all’altezza dei singoli componenti: forse manca un’amalgama alla storia, che mescola toni diversi, alternando sprazzi di violenza grottesca e conversazioni surreali (certe battute di Ronnie sono spiazzanti), a divagazioni meno riuscite (la famiglia dei gemelli, il rapporto tra Frances e Reggie). I fratelli Kray sembrano apparire in due per quello che è il difetto della pellicola: sono un’unica persona, ma separata in due corpi, in perenne conflitto reciproco, tra fragilità e violenza; la storia sullo schermo risente di questa vena schizofrenica. Peccato, ma resta un film godibile.

05/03/2016
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