Land of mine

Nella Danimarca del 1945, appena finita la guerra, il sergente Rasmussen (Roland Møller) ha al suo comando 14 soldati tedeschi, per disseppellire le 45mila mine di una delle tante spiagge, riempite di esplosivo dai nazisti, preoccupati che lo sbarco degli Alleati potesse avvenire proprio sulle coste danesi. Il sergente ha metodi spicci e a volte brutali, i suoi uomini sono poco più che ragazzi spaventati, che tuttavia non si sottraggono al pericoloso incarico. L’uomo adulto danese e i giovani tedeschi si scontrano, si incontrano, si contrappongono in quella piccola striscia di sabbia, tra il mare e la vegetazione, così piena di mine. Il lavoro quotidiano è snervante e pericoloso. La promessa è quella di lasciarli liberi, una volta terminato il compito.

Con un film scritto e diretto da Martin Zandliviet, si viene a conoscenza di una pagina poco esplorata della storia europea, nell’immediato dopoguerra: i soldati tedeschi impiegati nel disinnesco delle mine furono migliaia, circa il 50% di loro morì, nel tentativo di bonificare da oltre 2 milioni di mine le coste danesi. Film efficace nella sua durezza e senza sbavature, che coglie i personaggi in primissimo piano o nella prospettiva del mare infinito in lontananza, restituendo così l’ambivalenza di fondo, le due facce della stessa medaglia: il ruolo di vittima e quello di carnefice si possono agevolmente scambiare e capovolgere. Lo impara sulla sua pelle il sergente Rasmussen, che non è così arido come sembrerebbe. Lo sa, dentro di sè, Sebastian, giovane soldato tedesco e leader carismatico del gruppo. I pochi momenti di quiete e intimità, le scene di riposo e gioco, le condivisioni delle speranze future, hanno il sapore reale della quotidianità assurda, di una guerra finita ufficialmente, ma non per tutti. Film amarissimo, con una punta di speranza alla fine, ma senza strafare. Interpreti notevoli e misconosciuti, musiche efficaci, fotografia bellissima.

Non è un film di guerra in senso stretto. Parla di senso di colpa, espiazione, vendetta, giustizia, perdono, pacificazione. E, in controluce, di rapporto tra padri e figli. Della vita, dunque. E se il titolo alludesse, oltre che alle mine, alla terra che, come dice il sergente all’inizio del film, “appartiene a me” (la Danimarca), quindi ostile per i tedeschi?

Da vedere.

25/03/2016
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