La storia di Amaobi

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Prende il foglio sul quale sto appuntando i suoi racconti e scrive “Amaobi Chucklon”, “Non posso sapere qual’è il piano di Dio per me”. Ha deciso di darsi questo nome, il 21enne nigeriano, ospite insieme ad altri 3 connazionali in Casa Acmos dal 10 giugno.

 

Lo intervistiamo per conoscerlo, per creare una narrazione che possa farsi spazio, sgomitare, tra quelle che cercano di dipingerci i migranti come invasori, ladri di lavoro, come una minaccia.

 

Amaobi è figlio di un padre con due mogli, proprietario di un appezzamento. Alla morte del padre si è scatenata una guerra fratricida per l’eredità. Un fratello di Amaobi è stato ucciso e lui sarebbe stato il prossimo.

 

Gli omicidi per questioni legate alla terra, sembrano all’ordine del giorno, nella Nigeria del nostro intervistato, anche il governo sarebbe stato coinvolto in più occasioni.

 

Il mio unico pensiero era di scappare dalla Nigeria, non avevo alternative”. Continuiamo con le domande, ma il pensiero di star rievocando un dolore enorme a un nostro coetaneo, ci fa diventare timidi, piccoli, fortunati.

 

Adesso voglio vivere in Italia, mi piacerebbe crescere qui i miei figli. Ho fatto molti lavori, dal decoratore, al venditore di cosmetici, ho lavorato in una ditta di serramenti e fatto il cuoco.”

 

Il cuoco l’ha fatto in Libia, la tappa prima dello sbarco a Lampedusa. Dopo aver guadagnato abbastanza per permettersi il posto su un barcone, è partito. A Lampedusa, Amaobi , non è rimasto neanche 24 ore. Ad accoglierli la Croce Rossa, poi subito trasportati a Settimo.

 

E’ qui che la storia della vita di Amaobi si lega alla storia di Acmos. “La prefettura ha aumentato i posti per l’accoglienza, vista l’emergenza sbarchi” , ci racconta Diego Montemagno, responsabile delle progettualità legate ai ragazzi nigerani, “abbiamo risposto alla chiamata fatta alle associazioni e deciso di accogliere in Casa Acmos 4 di loro”.

 

“E’ la prima volta che accogliamo dei richiedenti asilo, la convenzione scade il 31 dicembre di quest’anno, bisognerà stipulare una nuova convenzione o trovare un’altra sistemazione. Sono richiedenti asilo e le procedure sono lunghissime. ” .

 

“Cerchiamo di parlare il più possibile e di farli partecipare alle scelte di casa” ci racconta invece Andrea Turturro, residente di Casa Acmos, “abbiamo iniziato con la scuola di italiano, gestita da tanti volontari, è la priorità, il gap linguistico va colmato” .

 

Amaobi conclude dicendoci che il suo futuro è in qualche modo nelle nostre mani ma che “qui mi trovo bene, siete tutti liberi.”

 

“Quando tocchi con mano l’accoglienza ne scopri le difficoltà, però Acmos, grazie alla struttura che ha , riuscirà sicuramente a sviluppare una buona progettualità per i ragazzi.” prosegue Diego, “non si tratta di privilegiare queste persone, ma di fare in modo che abbiano almeno le stesse opportunità di partenza”.

 

“Non puoi sapere quello che Dio ha in mente per te” l’unico modo per accettare un passato terribile e sperare in un futuro decisamente migliore.

28/07/2015
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