La Russia chiede democrazia

La lunga lista di giornalisti uccisi in Russia conta 375 vittime dal 1993 a oggi, senza includere gli scomparsi e i morti per incidenti le cui cause non sono state accertate. Il dato è ancora più preoccupante se comparato con il numero di verdetti pronunciati nei processi relativi a tali omicidi, solo 50, e nella maggior parte dei casi si tratta di sentenze arrivate 1 o 2 anni dopo l’uccisione.

Gadzhirmurat Kamalov, barbaramente freddato con 8 colpi di pistola nella notte tra il 15 e il 16 dicembre, sta al fondo di questa scia di sangue che non sembra destinata a fermarsi. Kamalov scriveva su Cernovik, un settimanale che non conosce temi proibiti e che con audacia denuncia la corruzione delle autorità locali del Daghestan e gli abusi impuniti compiti dagli uomini del Ministero degli Interni. Quando gli chiedevano se aveva paura, lui scherzosamente rispondeva: “Che possono farmi? Solo uccidermi”.

Perché fare il giornalista in Russia, si sa, non è un mestiere facile. Il problema è appunto questo: si sa. Ma la situazione rimane la stessa. Quante voci dovranno ancora essere brutalmente messe a tacere, perché ‘colpevoli’ unicamente di dire la verità? Quanto ancora Putin e Medvedev potranno continuare a governare un popolo senza rispettare i principi democratici?

7 anni fa partiva da Torino partiva “Oltre la Fortezza”, una carovana organizzata da Acmos e Terra del Fuoco, diretta a Beslan, la cittadina del Caucaso teatro proprio quell’anno del sanguinoso attentato alla scuola, e Grozny, in Cecenia, attraversando l’Europa dell’Est e le regioni del Sud della Russia tormentate da lotte secessioniste, scontri etnici e repressioni.

Tra le persone incontrate allora colpisce la testimonianza di un giovane ragazzo ucraino riguardo alle manifestazioni di quei giorni: “Le persone vogliono elezioni libere e sono stufe dei governi che truccano le elezioni, la gente vuole la verità”.

L’obiettivo non pare essere stato raggiunto.

Le pesanti limitazioni alla libertà di stampa e di espressione sono spie d’allarme di una democrazia malata. Nei giorni precedenti alla elezioni il governo ha applicato una pesante censura, soprattutto sul web.

È stato bloccato LiveJournal, il principale blog del Paese, critico nei confronti del potere, e numerosi altri siti indipendenti tra cui Radio Eco di Mosca, il sito d’informazione Gazeta e quello di Golos, una ONG finita nel mirino della censura poiché aveva pubblicato una mappa interattiva che documentava le irregolarità elettorali. Qualcosa però si sta muovendo.

Dopo le elezioni del 4 dicembre le piazze si sono riempite di manifestanti per denunciare i brogli elettorali. I russi sono stanchi di essere rappresentati da un governo che non li rappresenta, che non chiede il loro parere. Un governo di privilegiati che alla campagne elettorali democratiche preferisce la propaganda di regime.

Russia Unita, il partito di Putin, ha minimizzato il peso della manifestazione e ha parlato di proteste dell’opposizione, quando in realtà si tratta di cittadini liberi, senza un leader che si sono organizzati autonomamente perché stanchi di subire soprusi. La risposta del governo è stata ancora una volta quella della repressione: 260 persone sono state fermate dalle forze dell’ordine a Mosca, 70 a San Pietroburgo.

Ma l’insofferenza cresce e le voci si fanno più forti, la gente si sente sempre meno rappresentata da partiti e leader politici e scendendo in piazza si sta riappropriando di quei diritti e di quelli spazi che una democrazia dovrebbe garantire.

Il video di Oltre la Fortezza

21/12/2011
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