Io scudo umano in Palestina


Simone Bauducco pubblica un articolo su Nuova Società intervistando Davide Ziveri. Davide, oltre ad essere un  attivista per i diritti umani, collabora con la rete di Salvagente e risiede in Casa Acmos. Uno di noi, che lotta contro le ingiustizie, in qualsiasi angolo della Terra esse si manifestano.


Davide Ziveri è uno psicologo sociale di Parma. Vive a Torino e nel tempo libero è un’attivista dell’Operazione Colomba. Un progetto che applica il principio della difesa popolare non violenta in aree calde a livello globale.
A Maggio partirà nuovamente per la Cisgiordania.

Qual è il tipo di attività che svolgete nei territori occupati?

Il principio cardine della presenza di Operazione Colomba negli scenari di conflitto in cui lavora (Kossovo, Colombia, Castel Volturno) è la condivisione. Essere presenti a fianco di chi soffre la violenza del conflitto è il nostro posizionamento etico minimo. Per questo un gruppo di volontari assicura una presenza nel villaggio palestinese di At-Tuwani tutti i giorni dell’anno, vivendo nelle stesse condizioni di chi non può avere la luce elettrica a causa del divieto israeliano di allacciare i cavi alla rete elettrica o patisce l’arbitrarietà dei controlli militari israeliani ai check-point. Le attività che più ci impegnano sono quelle di accompagnamento dei pastori palestinesi mentre escono a far pascolare le greggi nei propri campi poiché spesso vengono aggrediti dai coloni o scacciati dall’intervento dei soldati israeliani. Oltre a cercare di negoziare e a fare interposizione nonviolenta, siamo sempre muniti di videocamera con la quale documentare le violazioni dei diritti umani.

Ci tengo a sottolineare che, coerentemente con l’obiettivo della riconciliazione a cui l’agire nonviolento tende ostinatamente, Operazione Colomba è presente anche a Gerusalemme Ovest per dialogare anche con la popolazione israeliana.

Ci puoi raccontare la giornata abituale dei bambini palestinesi che vivono in Cisgiordania?

I bambini del villaggio di Tuba per andare e ritornare dalla scuola più vicina, sita nel villaggio di At-Tuwani dove viviamo, debbono percorrere una strada in territorio palestinese che però passa tra la colonia israeliana di Ma’on e l’avamposto (anch’esso illegale secondo le leggi internazionali) di Havat Ma’on dove in passato hanno subito aggressioni fisiche da parte dei coloni. Dopo la denuncia dei volontari internazionali ora è l’esercito israeliano ad accompagnare i bambini a scuola. Spesso però la jeep arriva in ritardo o abbandona i bambini a metà del percorso. I bambini palestinesi dunque perdono ore di scuola o sono costretti a correre con la paura di essere di nuovo attaccati dai coloni. Se tutto va bene raggiungono i volontari alla fine della strada e vanno a scuola, sebbene l’edificio che la ospita ha ricevuto l’ordine di demolizione perché considerato abusivo da parte di Israele. Nel pomeriggio i bambini aiutano i genitori nei campi e spesso ritrovano gli stessi soldati, ma questa volta le IDF (l’esercito israeliano) non viene per scortarli, bensì per intimare loro di allontanarsi dai propri terreni. I bambini palestinesi del villaggio di At-Tuwani e del vicino villaggio di Tuba vivono costantemente sotto occupazione militare: recentemente due minori che portavano al pascolo le pecore sono stati arrestati per diverse ore senza nessuna accusa.

Com’è il rapporto con la popolazione locale? E con i coloni e l’esercito israeliano?

La relazione di fiducia con la popolazione locale è ottima: vivere le stesse difficoltà aiuta a capirsi, nonostante le differenze culturali e linguistiche. Le famiglie del villaggio di At-Tuwani scelsero la nonviolenza come metodo di resistenza ben prima del nostro arrivo: Operazione Colomba è presente solo per sostenere questa scelta che, nonostante essere l’unica possibilità per una convivenza pacifica, continua a subire la repressione di Israele. Con i coloni è praticamente impossibile parlare, nonostante i tentati approcci, dato il loro atteggiamento violento, intransigente ed ideologico. Un discorso diverso è possibile con alcuni soldati, spesso giovani reclute di leva: alcuni di loro comprendono come non sia possibile ne giusto assicurare la sicurezza di Israele attraverso la violenza nei Territori Occupati, eppure eseguono gli ordini. Il minoritario movimento pacifista israeliano, al cui interno troviamo i pochi obiettori di coscienza, rappresenta senza dubbio la faccia sana della società israeliana e l’unico interlocutore lucido per costruire la pace, eppure vengono osteggiati tanto dal governo di estrema destra come dall’opinione pubblica.

Com’è cambiato nel tempo il ruolo dello “scudo umano” grazie soprattutto alle nuove tecnologie?

Sebbene la base della nonviolenza continui ad essere la fisicità del corpo, l’essere disarmati di fronte all’avversario per farsi carico della sofferenza delle vittime e mostrare ai violenti l’inutilità e la brutalità dei loro gesti, è altresì importante far conoscere la situazione anche all’opinione pubblica europea, soprattutto considerando il ruolo che l’Unione Europea ed i governi dei nostri paesi giocano nel legittimare e mantenere accesa la violenza di questo conflitto. Per questo la telecamera è la nostra arma, e spesso viene sequestrata o rotta dai coloni o dall’esercito: la verità della violenza è insopportabile e senza giustificazioni. Quando si riesce a mostrarne la faccia è facile capire chi ha la responsabilità di fermare le aggressioni e cominciare a costruire una pace con giustizia. Per questo ci trovate sul sito www.operazionecolomba.it e sul canala At-tuwani di YouTube.

02/04/2010
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