Inshallah

di Simone Bongiovanni
Inshallah. Non è semplice trovare una traduzione precisa e corretta dall’arabo, né tantomeno attribuirgli un significato univoco. “Se Dio lo vuole” o “A Dio piacendo” sono le traduzioni più comuni, certo, ma in questa faccenda non vorrei scomodare nessun Dio.

 

Allora Inshallah può diventare un augurio, o più semplicemente una speranza, l’attesa che un evento posso realizzarsi in avvenire. Per me Inshallah è più che altro un sentimento, una sensazione. Non trovando in Italiano alcuna parola che possa esprimere le emozioni che provo in questo momento, la prendo in prestito dalla cultura araba, sperando di non fare un torto a nessuno. Perché?

 

 

Perché a partire dall’8 di agosto, per un mese vivrò nel campo profughi di Tel Abbas (Libano) insieme alle famiglie siriane che per fuggire dalla guerra attraversano il confine, nella speranza di un domani migliore. Passerò il mio tempo ascoltando, osservando, semplicemente stando vicino a queste persone. Provando a condividere quel poco che posso, e prendendo tutto ciò di cui sarò capace. Vivrò in tenda, mangerò pasti frugali, dormendo con la popolazione del campo. Perché questa è la scelta che Operazione Colomba fa da 25 anni. Con loro mi sono formato, preparato al viaggio e adesso mi appresto a partire. Quella di Operazione Colomba è un tipo di cooperazione basata sulla condivisione, sulla vicinanza sincera e profonda. Non su un assistenzialismo distaccato, necessario si, ma che non porta a conoscere veramente le persone che intende aiutare.

 

 

Cercherò di essere il più possibile poroso. Poroso e permeabile all’umanità che vive a Tel Abbas, alle storie delle persone in cui inciamperò. Proverò a raccontare su questo sito alcune di queste storie, o più semplicemente la giornata di noi volontari.

 

 

Perciò parto. O meglio, dovrei dire partiamo! Perché so di non viaggiare solo. So di partire con una grande comunità alle spalle. So che questo viaggio non è il mio viaggio, ma è la naturale prosecuzione di ciò che in Acmos abbiamo iniziato in questi anni: dal Performing Media Lab a Tuwani (Palestina), al concerto “Torino for Syria”, fino ad arrivare a questo viaggio. Mossi dalla consapevolezza che il cambiamento si genera “abitando la pancia della storia”.

 

E allora buon viaggio. A me, a noi e a tutti quelli che in futuro partiranno, con la valigia leggera e il cuore libero.

Arrivederci e Inshallah

07/08/2017
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