Il cinese, il presidente, e gli equilibri del Paese


Prologo: giovedì scorso il presidente americano Barack Obama e quello russo Dmitri Medvedev, ospiti nel castello di Praga, hanno rinnovato gli accordi sul disarmo nucleare. Il trattato Start-2 – subentrato allo Start-1, scaduto – prevede nuovi limiti alla produzione di armi atomiche, e apre una fase di maggiore morbidezza nei rapporti fra le due nazioni. Caduta, con somma gratitudine dei russi, l’ipotesi bushiana dello scudo spaziale.


Washington, in questi giorni: si sta svolgendo il primo Summit sulla Sicurezza Nucleare della storia. Delegazioni da diversi Paesi – con significative esclusioni quali Iran e Corea del Nord – si ritrovano a discutere della minaccia terroristica in chiave nucleare. Obama, in particolare, ha fatto notare come una quantità di plutonio grande quanto una mela possa spargere morte per centinaia di metri. Secondo il presidente, anche Al Quaeda si starebbe attrezzando per il terrorismo atomico.


Il vero punto, come è emerso dall’incontro con la Cina di lunedì – 90 intensi minuti – è l’Iran. Gli Stati Uniti vorrebbero esigere delle sanzioni tramite l’Onu, ma non tutti concordano. La Cina in particolare avrebbe ammesso la necessità di agire, ma senza appoggiare l’ipotesi statunitense: anzi affermando il “diritto al nucleare” di ogni nazione. Altri Paesi, come il Brasile e la Turchia, sostengono e praticano la via diplomatica. La Francia non intende rinunciare ai propri arsenali, per non mettere in pericolo la sicurezza nazionale.


Epilogo: aperto. Il mese prossimo alle Nazioni Unite si ridiscuterà il Trattato di Non-Proliferazione nucleare, trattato che Obama vorrebbe irrigidire ulteriormente. Apparentemente l’attenzione dedicata alla Cina (membro permanente del Consiglio di Sicurezza) e ad alcune potenze minori (ma pur sempre portatrici di un voto quanto le maggiori) mirerebbero ad ottenere sostegno in quella circostanza.

15/04/2010
Articolo di