I segreti delle finanze vaticane, secondo Benny Lai

 

 

 

Quando si parla di poteri forti verrebbe voglia di metterci le maiuscole o farne direttamente un’artefatta abusata parola sola, riferibile a soggetti economici, politici, religiosi, che agiscono di nascosto alla luce del sole. La Chiesa appartiene a tutte e tre le categorie, e viene raccontata da decenni dall’iperconnesso vaticanista Benny Lai. Che non ne fa una potenza, ma un mondo umano composto da persone potenti. 

 

Grazie a documenti, lettere e lunghe chiacchierate con pilastri della recente storia vaticana, in Finanze vaticane (Rubbettino, 2012) si ricostruisce la storia dello Ior e del rapporto dei vari papi col denaro. Oltre alla ricostruzione puntuale della storia, divulgativa ma non didattica – gli eventi principali sono dati per conosciuti – emergono alcuni punti generali interessanti.

 

Il primo è la diffusa ignoranza finanziaria di alcune alte cariche della Chiesa. Ignoranza non solo teorica, ma in alcuni casi anche pratica: papa Roncalli, dice Lai, era felicemente all’oscuro di tutto, dalle spese di restauro della torre di San Giovanni ai danni provocati allo Ior dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica. Lasciando spazio di manovra ai dirigenti che si occupavano di questioni tecniche, le cui argomentazioni facilmente orientavano l’agire dei pontefici. Facevano eccezione quelli come papa Pio XI, interessato, secondo un collaboratore “più alla caduta del dollaro che al decadimento morale delle anime”.

 

Il libro ha anche il pregio di dare una visione interna dei fatti. Uno dei suoi testimoni principali è il principe Massimo Spada, membro di diversi consigli di amministrazione importanti e collaboratore di Bernardino Nogara, il primo a dirigere l’Amministrazione speciale della Santa Sede dopo i Patti Lateranensi. 

 

Fonti così inserite permettono a Lai di partire dalle personalità e dalle abitudini intime dei personaggi, per spiegarne il comportamento ad un livello più alto. Così, ad esempio, l’influenza del cardinale Szoka su Giovanni Paolo II viene (in parte) spiegata dalla condivisione del polacco. In generale, dipinge un vaticano simile a quello raccontato una volta da Marcinkus: un gruppo di lavandaie che si ritrovano al fiume per scambiare pettegolezzi.

 

Dal punto di vista strettamente informativo, infine, aggiunge fatti ad una verità, se non conosciuta, quantomeno accessibile a tutti: lo Ior è il proseguimento del potere temporale della Chiesa, che trovatasi quasi senza proprietà ha accumulato risorse inizialmente destinate solo all’uso liturgico e formativo. Per poi passare agli investimenti finalizzati al semplice aumento di capitale, con il consolidamento dello Ior come vero e proprio soggetto bancario. Talvolta – come nel caso Enimont, durante il quale ben 93 miliardi su 140 passarono dalla banca vaticana – diventando colpevole strumento di illegalità.

 

Unico difetto: talvolta Lai dà troppe informazioni per scontate, e il racconto dei due papi più recenti è – probabilmente per necessità storiografica – meno definito dei precedenti. Restando comunque all’interno di un lavoro documentato, piacevole, che fornisce una gradita visione laterale della tormentata conciliazione fra Dio e mammona.

 

14/09/2012
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