I nostri dati nel web: Snapchat e l’autodistruzione

Per quanto rimangono su internet i contenuti che vi pubblichiamo? Di chi sono le foto che carichiamo su facebook? Chi può accedere ai miei dati personali nonostante la privacy se pubblicati su un social network?

Da quando è esploso l’utilizzo di social network, primi fra tutti Facebook e Twitter, c’è stata una incontrollata corsa alla pubblicazione di contenuti privati. Foto, frasi, commenti, dati personali sono entrati a far parte del mondo di internet, con tutti i problemi del caso. Se inizialmente la paura si è concentrata su cosa gli altri potrebbero pubblicare di noi (è noto il caso di matrimoni finiti per fotografie ambigue pubblicate in rete o di problemi sul posto di lavoro per il medesimo motivo), ormai è da qualche tempo che ci si interroga anche su se stessi: siamo sempre consapevoli di cosa significhi lasciare la proprietà delle nostre foto a Zuckerberg? Sappiamo come proteggere quello che pubblichiamo? La risposta, il più delle volte, è no. E quindi reagiamo cancellando migliaia di dati che abbiamo già inserito, ignorando che questa non è la risposta. I dati, su internet, non si cancellano con un semplice click.

Ecco perché ormai da qualche anno stanno nascendo nuove forme di condivisione online che autodistruggono i dati e le fotografie dopo pochi minuti. Il più noto tra questi, in Europa ancora poco usato ma negli USA entrato nella top ten delle app più utilizzate, è Snapchat. L’anno passato è stata la seconda app più scaricata negli Stati Uniti, la diciannovesima in assoluta, e conta, a dire del sito dedicato, cinquanta milioni di snapchat al giorno. Inventata nel 2011 da due studenti universitari, Evan Spiegel e Bobby Marphy, ha risposto ad un’esigenza impellente dell’utente medio di internet.

Come funziona? Il meccanismo è molto semplice. Invece di inviare solo un sms ad una persona le si invia una foto. Fin qui, niente di speciale: sono anni ormai che lo smartphone ha rivoluzionato la nostra interazione tecnologica. La novità sta nel fatto che le fotografie inviate tramite Snapchat si autodistruggono dopo un certo numero di secondi. L’idea è venuta ai due giovani universitari pensando alla confraternita della quale fanno parte: ecco perché per pubblicizzare la app hanno utilizzato prevalentemente ragazze ammiccanti. Il suo utilizzo infatti sembra essere principalmente volto allo scambio di foto compromettenti, e la pagina Facebook dell’azienda sembra confermarlo.

Snapchat non è l’unica forma intelligente di usare i social network: Reputation.com è un’azienda interamente dedicata alla vendita di servizi per la protezione e la privacy su internet, che permette di crittografare i dati o scegliere una scadenza per eliminarli totalmente, ad esempio da Facebook.

Insomma, se nella vita quotidiana l’obsolescenza programmata degli oggetti ci spaventa e ci spinge a cercare di mantenerli con il tempo, è chiaro che la domanda del web agisce in senso opposto. Quando ci fermiamo realmente a pensare che una fotografia di noi sedicenni potrebbe essere nelle mani del nostro datore di lavoro, del nostro futuro marito, o peggio ancora di YouTube, Facebook o Google, sentiamo l’esigenza di proteggerci, ed è per questo che il mercato inizia a venirci incontro. Snapchat è solo una delle tante app che verranno, apparentemente, per proteggerci.

12/07/2013
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