Giustizia per Vik. In attesa della verità

 

di Simone Bauducco

Un delitto efferato e quattro colpevoli. Un anno e mezzo dopo quel tragico 15 aprile 2011, giorno dell’omicidio di Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza – terra nella quale aveva scelto di vivere e lottare, per la pace e l’uguaglianza – sono arrivate le condanne. I quattro imputati, appartenenti ad un gruppo di terroristi salafiti, pagheranno il delitto commesso scontando il carcere. Mahmud Salfiti e Tamer Hasasna, esecutori materiali del delitto, sono stati condannati all’ergastolo. Khader Ajram, responsabile di aver passato al gruppo le informazioni sugli spostamenti di Vik, è stato condannato a 10 anni, mentre un anno al quarto uomo, colpevole di aver messo a disposizione l’abitazione per il sequestro.

Soddisfazione è stata epsressa dalla famiglia di Vik perché sono arrivate le condanne, ma soprattutto perché le colpe commesse dal gruppo non verranno pagate con il sangue. Nessuna condanna a morte è stata emessa, nonostante sia prevista dall’ordinamento locale.

Per raccontarvi quanto è successo in questo lunghissimo periodo, abbiamo deciso di intervistare l’avvocato che ha seguito il dibattimento. Gilberto Pagani, avvocato milanese sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani, ci ha raccontato in quale contesto si è svolto il processo, come si è arrivati al giudizio e quali verità ancora non sono emerse.

 

Il 15 aprile 2011 Vittorio Arrigoni veniva assassinato a Gaza. Pochi giorni fa è arrivata la condanna per il gruppo di estremisti salafiti che lo ha ucciso. Secondo le risultante del processo, quale era l’obiettivo reale del gruppo?

 

Nel processo, l’obiettivo reale non è emerso. Quello che sappiamo è stato detto nel video veicolato per chiedere il riscatto per la liberazione di vittorio, a seguito del rapimento.

Il processo si è basato sulle confessioni degli imputati i quali hanno ammesso di aver commesso il delitto o di aver avuto un ruolo nel rapimento. Gli imputati hanno dato nel dibattimento posizioni contrastanti. Di fatto hanno cercato di smentire l’appartenenza ad una cellula terroristica e di essere all’oscuro del riscatto richiesto per la liberazione. In sostanza hanno sostenuto di aver ucciso Vittorio per dare una lezione ad un occidentale, senza che ci fosse un piano dietro più ampio.

 

Il processo è durato più di un anno, e spesso si è pensato che l’impianto accusatorio del Tribunale militare di Hamas fosse stato messo in piedi per trovare “un colpevole” e non il colpevole. Lei ha seguito il dibattimento, come giudica il verdetto e l’iter attraverso il quale si è arrivati alle condanne?

Il processo è durato nel complesso 18 udienze, ma solo 3 o 4 sono state quelle importanti. Se prendiamo in considerazione il contesto in cui si è celebrato, caratterizzato da forte instabilità, dobbiamo dire che il dibattimento – di fatto – si è svolto in uno stato di guerra. Anche se non rispondenti ai nostri canoni, le garanzie degli imputati sono state rispettate. Se è vero che non sono arrivati chiarimenti sulle ragioni che hanno portato la cellula islamica ad uccidere Vittorio, arrivare a condannare i responsabili materiali del delitto è stato il risultato migliore che si potesse ottenere, in un contesto simile.

 

Come ha richiesto la famiglia e come avrebbe di certo voluto Vittorio non sono arrivate pene capitali. Una vittoria per onorare la memoria e la volontà di Vik?

E’ di certo una delle vittorie principali raggiunte. Evitare che venissero emesse condanne a morte ha evitato un ulteriore dolore alla famiglia. I cari di Vittorio avevano espresso formalmente questa volontà e la corte ha aderito in pieno a questa richiesta.

 

Crede si sia fatta piena luce sull’omicidio? Le posizioni di Vittorio davano fastidio a molti, da Israele alla stessa Hamas. Esistono dei coni d’ombra sui quali è necessario ancora far luce?

 

Sì, sicuramente esistono dei coni d’ombra. Ci sono due domande che non hanno avuto risposta nel processo, come ho detto prima basato su confessioni è che ha puntato solamente sul fatto criminale e non sul contesto nel quale è maturato: perchè proprio Vittorio Arrigoni? E perché vittorio è stato ucciso prima della scadenza dell’ultimatum.

Io credo che queste risposte non si avranno mai, per il contesto in cui è maturato il delitto.

Forse un giorno potranno scriverlo gli storici, ma oggi i tempi e le condizioni non permettono di arrivare alla piena verità.

Rimane un punto centrale che non bisogna dimenticare: il risultato ottenuto rappresenta comunque una grande liberazione per la famiglia di Vittorio. 

20/09/2012
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