Euforia

Matteo (R. Scamarcio) e suo fratello Ettore (V. Mastandrea) non potrebbero essere più diversi: il primo è un giovane imprenditore di successo, estroverso e festaiolo, con un attico superchic a due passi da Piazza Venezia; il secondo un insegnante taciturno, sposato con una donna (I. Ferrari) e con un figlio piccolo. Ettore si trasferisce a Roma dal fratello più giovane per degli esami e comincia una convivenza surreale. Il punto è che la malattia di Ettore è molto seria e Matteo sceglie di tenere nascosta al fratello la gravità della situazione. Si può mentire (a fin di bene?) e se sì, fino a che punto è lecito spingersi? E quanto pesa il senso di colpa di colui che sa e non dice?

Valeria Golino, attrice emerita del cinema non solo italiano, firma la regia del suo secondo lungometraggio, con un film che mescola toni contrastanti: alterna la leggerezza alla profondità, con guizzi che strappano sorrisi e, anche, qualche lacrima. Più importante della storia, paradossalmente, è il sottotesto e la complessità dei personaggi: le allusioni, i non detti, le cose rimaste in sospeso, che trovano forma in certe inquadrature e in belle invenzioni della sceneggiatura. Riccardo Scamarcio migliora con gli anni, Valerio Mastandrea ormai è una garanzia.

Titolo deviante, per una pellicola che è una scommessa vinta. Presentato al festival di Cannes, nella sezione “Un certain regard”.

25/10/2018
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