Eternit: quando la legge italiana non ha alcun valore

Dal 20 al 22 giugno si terrà a Rio de Janeiro il Summit ‘Rio+20’, vertice sullo Sviluppo Sostenibile, organizzato dalle Nazioni Unite, a vent’anni dall’Earth Summit del 1992. L’obiettivo è quello di far passare il messaggio che per misurare la crescita e il benessere di un Paese l’indicatore del Pil non è quello più giusto.

Messaggio importante e organizzazione seria. Se non fosse per un nome nella lista degli esponenti invitati a partecipare, discutere e quindi influenzare le decisioni future.

Al Summit è stato invitato un sedicente paladino dell’ambiente. Si tratta di Stephan Schmideiny, sessantacinquenne svizzero tra i fondatori del World Business Council for Sustainable Development e creatore della Fondazione Avina che finanzia progetti ambientali e sociali in America Latina. Purtroppo, però, Schmideiny è anche l’ex proprietario della Eternit, multinazionale tristemente famosa per aver causato la morte, tramite inalazione di fibre di amianto, di migliaia di persone in tutto il mondo. È stato condannato, insieme al barone De Cartier, lo scorso 13 febbraio a 16 anni di reclusione e circa 100 milioni di euro di risarcimenti dal Tribunale di Torino per aver provocato, in riferimento ai soli stabilimenti italiani di Casale Monferrato, Rubiera, Cavagnolo e Bagnoli, un disastro ambientale doloso permanente, con circa 3000 mila vittime, e per omissione di cautele antinfortunistiche.

La Eternit aveva stabilimenti in molti Paesi, compreso il Brasile, per questo Abrea (Associazione brasiliana degli esposti all’amianto) ha rivolto un appello all’Onu, alle autorità internazionali, ai capi di stato e di governo del Brasile affinché dichiarino Schmideiny persona non gradita alla conferenza di ‘Rio+20’. Dall’Italia è arrivata la sottoscrizione e l’appoggio all’appello dall’Associazione dei familiari delle vittime di Casale Monferrato e da molte altre ancora, accompagnata però dal timore che la sentenza di Torino possa non aver prodotto quegli effetti di livello internazionale a cui tutti avevamo creduto.

Quindi, il Brasile, le Nazioni Unite e il Summit per l’Ambiente rischiano di ridicolizzare la sentenza di Torino più di quanto non stia già succedendo.
Perchè in effetti qualcosa di grave è già successo. Schmideiny e De Cartier hanno una condanna pesante e l’obbligo di versare le provvisionali per i risarcimenti per un totale di circa 100 milioni di euro. Sono acconti sui risarcimenti che verranno stabiliti definitivamente in sede civile. Acconti che la prassi vuole vengano versati all’indomani del deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado. Le motivazioni sono state depositate nella settimana tra il 17 e il 24 maggio ma sui conti delle migliaia di parti civili non è comparso un solo euro.

L’avvocato Zaccone che assiste De Cartier sostiene che, una volta spiegate al suo cliente le richieste, non ha avuto nessuna istruzione sul come comportarsi. L’avvocato Forneri, legale della Etex – riconducibile al gruppo belga della Eternit – dice di non sapere se e quando Etex pagherà gli indennizzi. Ma sul rapporto annuale di Etex Group, a cui fa capo il marchio Eternit, compare questa dicitura: “Etex Group farà appello contro la sentenza. Anche se le conseguenze finanziarie del processo sono incerte, la direzione crede che la decisione della corte di Torino non rifletta le prove presentate in tribunale, tanto che la decisione dovrebbe essere ribaltata dalla corte d’appello o dalla cassazione”.

Insomma, gli amministratori di Eternit, Schmideiny in testa, non mettono nemmeno a bilancio il pagamento delle provvisionali.

06/06/2012
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