È solo la fine del mondo

Louis (G. Ulliel) torna a casa dopo 12 anni di assenza. Ormai è un uomo adulto, se ne andò che era poco più che un ragazzo: ora è un drammaturgo affermato. Ad attenderlo, la madre (N. Baye) svampita e dagli aneddoti ripetitivi, una sorella (L. Seydoux) di cui sa molto poco e che ha voglia di fuggire, un fratello (V. Cassel) collerico e taciturno e la cognata (M. Cottilard), mai conosciuta. Ma Louis ha un segreto e vuole svelarlo: metterlo sul tavolo sarà difficile ed egli cerca per tutto il pranzo il momento giusto e la forza per dirlo. Nei dialoghi, dopo una separazione più che decennale, serpeggia la frustrazione, cova sotto la cenere l’incomunicabilità di fondo, le vecchie ruggini mai risolte, che, forse, portarono Louis ad andarsene. Confronto collettivo, in cui forse nessuno si ascolta davvero e, a tratti, con ognuno dei suoi congiunti, ammesso di riuscirci.

Gruppo di famiglia in un interno, per dirla con Visconti, il film dell’ex enfant prodige Xavier Dolan, è tratto da una pièce teatrale di J. L. Lagarce, quindi molto parlato, spesso urlato. Una situazione che rischierebbe di stagnare, ma che il solito talento naturale del regista canadese risolve con abilità: un paio di digressioni del passato, con sapiente uso della musica, frantumano il ritmo narrativo serrato, del confronto-scontro tra il protagonista e la sua famiglia. Direzione degli attori impeccabile, difficile stabilire chi sia il più bravo. Dolan ci mette del suo, nel braccare i personaggi, inquieti e irrisolti, che non trovano pace e forse non possono trovarla. Sequenza di apertura, sulle note di Camille “Home is where it hurts” di rara forza visiva, come spesso ci ha abituato. Era difficile rappresentare una famiglia con tanta intensità emotiva e viscerale attaccamento. Dolan ci è riuscito, anche grazie allo sguardo triste e il sorriso malinconico di Louis.

Gran premio della giuria a Cannes, un’altra perla di questo 2016!

07/12/2016
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