Doña Conchita
Ci sistemiamo di fronte al camino, abbiamo due missioni: cucinare un sacco di carne e fare un’intervista. Quella che ho davanti è una colonna della Ong per cui lavoro, qui a Pasto, in Colombia: Conchita Matabanchoy. Madre di sei figli e moglie di Edmundo, ha vissuto tutti i 36 anni della Asociacion para el Desarrollo Campesino (associazione per lo sviluppo contadino), interiorizzandone la filosofia e mettendo in atto nella sua riserva naturale tutte le pratiche agroecologiche di cui si occupa la Ong.
Ero curiosa di approfondire quale fosse la sua storia, da dove arrivasse tutta quella forza che già le avevo sentito sprigionare in altre occasioni. E’ un incontro intimo, fatto di lei che cucina, che si racconta e di una me felice di poter passare due giorni in sua compagnia.
Per arrivare nella sua casa-riserva, bisogna prendere una lancia (barchetta a motore) e attraversare la Laguna della Cocha, un posto magico per la natura incontrastata che la circonda, per le sue acque scure e misteriose, per i contadini che li vivono e costruiscono bellissimi sogni a forma di orto, di bosco, di allevamento di trote.
Difficile incontrare un nome migliore per chiamare il bosco e la casa di Conchita: “Encanto Andino”, un incanto davvero. Mi perdo tutta la mattina nel suo bosco, fotografando fiori, alberi, ascoltando gli uccelli cantare, ritrovando una connessione, che non sapevo di avere, con la terra e le sue meraviglie.
Decidiamo di partire dalla storia, quella che ha visto e quella che ha fatto, nella Laguna dove è nata e cresciuta. “Una volta qui eravamo tutti estrattori di carbone, era l’unica economia della zona. Qui, sotto casa mia, c’era un porto da dove partivano le barche per la città, si vedevano madri in cinta e bambini lavorare, portare pesanti sacchi di carbone, tutti fradici, anche d’inverno.”
Gli uomini erano incaricati di salire su per le montagne, tagliare gli alberi e arderli, “quello che succedeva era che i bambini non potevano vivere la loro infanzia, erano costretti a collaborare all’economia famigliare, anche la mia famiglia ha dovuto passare questi momenti”.
“Abbiamo vissuto ciechi. Ci eravamo dimenticati di essere contadini, di amare la natura. Quando guardavamo un albero solo immaginavamo quanti sacchi di carbone ci poteva fruttare”. Poi il cambio. Nasce la ADC, grazie a un visionario Octavio Duque, primo presidente della Ong, adesso in Canada perché considerato in pericolo per le minacce ricevute dalla Guerilla.
Grazie a questo stimolo, tanti, come Conchita iniziano a rivalutarsi, come contadini e come persone, “Ricordo che a scuola la professoressa ripeteva alcune delle parole che utilizzavamo prendendoci in giro, erano la nostra cultura, la maggior parte erano parole in Quechua, sono cose che ti segnano, che abbassano la tua autostima”.
La rivoluzione parte dalla famiglia, le donne iniziano a emanciparsi e a partecipare alle riunioni, a dimostrare ai mariti di poter apportare all’economia famigliare grazie all’allevamento di Cuy (cricetoni tipici di questa regione), di mucche, di maiali. Gli uomini iniziano a rendersi conto che questo tipo di attività, non solo sono più redditizie ma permettono di lavorare nel proprio terreno, senza allontanarsi dalla famiglia per settimane e senza rompersi la schiena tagliando alberi e sollevando sacchi di carbone.
Ma la rivoluzione è lenta e piena di difficoltà relazionali, “Mio marito, quando ho iniziato a partecipare alle riunioni mi ha detto: O me o l’associazione. Aveva paura della libertà che stavo prendendomi, della nuova me che stavo costruendo. Ci ho pensato molto e rischiando che mi lasciasse sola gli ho detto che non potevo rinunciare alla ADC. Per fortuna ha capito e siamo ancora qui insieme.”
Il signor Edmundo non è certo un maschilista scorbutico, ce l’ho davanti poco dopo questa affermazione della moglie e mi rendo conto di quanto alcune costruzioni sociali abbiano impedito la crescita di alcune personalità eccellenti, come sarebbe potuto succedere a Conchita, se avesse rinunciato per paura.
“Si è svolta in casa mia la prima riunione delle Riserve Naturali della Società Civile in Colombia”. Come accennavo il terreno di Conchita è composto di una casa, un pollaio zeppo di galline ma soprattutto è composto di un bosco, in cui ci si può perdere per ore, attraversando meravigliose specie di alberi, fiori, ascoltando dozzine di uccelli diversi cantare.
Questo è stato l’impegno della famiglia Matabanchoy – Castro, ri-donare alla natura quello che in molti contribuiamo a distruggere, fare della propria casa una riserva naturale, un polmone del globo terrestre.
La Riserva Naturale di Conchita è considerata un’attrazione soprattutto per biologi e osservatori di uccelli, che li si recano per studiare la biodiversità presente. Gli sforzi della famiglia sono stati riconosciuti non solo a livello locale, Conchita è stata infatti eletta “Mujer Cafam” nel 2000. Questo prestigioso premio viene consegnato annualmente alle donne che si impegnano per una Colombia migliore, a partire dell’essere parte di una società civile attiva e rivoluzionaria.
Non è lei a raccontarmi di questo, preferisce parlarmi di quanto spera nel futuro perché conosce i bambini che popolano la Laguna della Cocha, anche io li conosco e non posso che confermare quanto dice, chiudendo la nostra intervista: “Quando sai che ragazzetti di 7 anni, conoscono perfettamente i nomi degli uccelli, delle piante, usano il loro tempo libero per scoprire la natura che li circonda, allora sai che puoi morire serena, che saranno loro a prendersi carico del lavoro fatto in questi anni”.
A parlarmi del prestigio di Conchita è il mio capo, il direttore della ADC, “Parlare di Conchita è parlare della storia della ADC, è la nostra migliore ambasciatrice, è una colonna fondamentale”.
Sorrido pensando alla fortuna di preparare le braciole con lei nel suo camino, di tagliarle la legna per ringraziarla dei due bellissimi giorni passati insieme. Rientro nella mia casa di Pasto con fotografie, video e con la voglia di mettere nero su bianco le parole di una donna che sa, con una , di aver realizzato i suoi sogni e di averci aiutato tutti a salvarci almeno un pò.