Demolition

Davis Mitchell (J. Gyllenhaal) ha tutto: è benestante, ha una bella e giovane moglie e lavora nella compagnia di investimenti del suocero. Quando la moglie muore in un incidente stradale, Davis inizia a chiedersi quale fosse l’essenza profonda del rapporto con la donna defunta, anche in virtù del fatto che egli non vive la tristezza del lutto. E va in crisi. Da una serie di lettere spedite per un reclamo, a una ditta di distributori automatici di snack, conosce Karen (N. Watts), donna con un figlio adolescente con cui non riesce a comunicare. Davis si lega a lei, per una strana alchimia, e comincia a mettere ordine nella sua vita: inizia prima a smontare le cose e poi a fare a pezzi gli oggetti, anche quelli di casa, in cerca di significati e di se stesso. Gli altri lo credono pazzo, a cominciare dal suocero che ha idealizzato la figlia morta e che in fondo non lo ha mai digerito davvero.

Da uno spunto di partenza curioso, Jean Marc Vallèe (“Dallas buyers club”) ha cavato un film discontinuo e originale. E’ in definitiva la storia di un uomo vissuto per anni nel torpore e senza accorgersi dei dettagli, anche quelli belli, della sua vita. La morte della moglie lo costringe a fare i conti, dolorosamente, con se stesso. Epilogo catartico.

Qualche pesantezza di troppo nella sceneggiatura, soprattutto nell’eccedere nella voce fuori campo del protagonista e nei passaggi onirici e dei ricordi. Ma si avverte intorno, l’amarezza sincera. Bella prova di attori, ottimo Gyllenhaal, nel disegnare il suo personaggio che ritorna alla vita, in maniera spericolata.

Imperfetto, ma è perdonabile.

15/09/2016
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