Cartoline Messicane – Vie d'uscita

La notizia mi viene data da Cristian, uno studente di antropologia di San Cristobal che con il suo collettivo gestisce un centro comunitario di educazione ambientale nel centro della città  “Dovrete sopportare Berlusconi ancora per un po‘”. Una doccia fredda inaspettata che ci arriva proprio nella città dove nel 1994 veniva partorita una delle più grande ribellioni culturali, comunicative, sociali e politiche degli anni Novanta. Mentre l’Italia assisteva alla discesa in campo dell’unto dal signore, il 1 gennaio 1994 i cittadini di San Cristobal si svegliavano con una doppia dose di botte: oltre a quelli lanciati dai ragazzini per l’inizio dell’anno, l’esercito zapatista scendeva delle montagne per colonizzare un nuovo immaginario. Ma a parte questa culla di resistenza, il Messico vive tutt’ora un periodo difficile. Lo confermano la striscia di sangue lasciata per strada dai narcos e dalla strategia calderonista e lo confermano le parole amare di chi prova ancora oggi a tessere le fila per costruire un’alternativa. Un vecchio solone della politica, un “ex quasi di tutto”, il 77enne deputato del Partito del trabajo Porfirio Munoz Ledo, lascia parole amare al giornalista del Proceso Gerardo Albarran: “Lo stato messicano oggi è sequestrato per via della corruzione che è il vero dramma politico del paese – ammonisce Munoz Ledo – è uno stato fallito, catturato e putrefatto che ha smesso di esistere poichè l’autorità responsabile di controllare i processi economici, politici e sociali è in realtà al servizio di coloro che dovrebbe controllare”

Secondo il deputato, il Messico di oggi non possiede un’alternativa come Stato Nazione, ma non vi è altra soluzione che la “via radicale”. “Ciò non significa una guerra civile. Non sarebbe possibile per tre motivi: innanzitutto la migrazione;  dalla firma del trattato Nafta circa 10 milioni di messicani sono emigrati. Il secondo motivo è costituito dall’economia informale che disperde la pressione dei corpi organizzati in attività illegali. Infine vi è il problema dell’enorme quantità di sangue versata nella guerra contro i narco”.
Ma la posizione del Messico di oggi va inquadrata in uno scenario internazionale più ampio: “Esiste un rischio di intervento americano nel nostro paese che non implicano necessariamente l’uso della forza: esistono infatti molti altri modi come quelli affini al piano Colombia. Basta pensare alle dichiarazioni di Hillary Clinton che si ha definito i narcos con il termine “insurgentes” salvo poi precisare qualche settimana dopo che intendeva dire che i ribelli non vogliono prendere il potere politico, ma pretendono il controllo di ampie zone. Queste parole potrebbero giustificare un intervento internazionale”. Il rischio maggiore dell’internalizzazione del problema Messico non è un esplicito intervento militare, ma una progressiva “sostituzione” dell’autorità militare a quella civile.

Cartoline Messicane – Il potere dei Narcos

13/12/2010
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