Carcere italiano: ipotesi e “piccoli passi”

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Mentre infuriava il caso
Cancellieri-Ligresti non tutti stavano a guardare il filone sensazionale della vicenda carcere. Poco prima di tornare a riferire in Parlamento delle telefonate fatte, e ricevute, per la scarcerazione dell’amica Giulia la Guardasigilli aveva dovuto rassicurare la Corte di Giustizia di Strasburgo sulle buone intenzioni del governo italiano a provvedere a quegli altri, circa, 22mila carcerati che oltrepassano la capienza massima delle strutture penitenziarie del nostro paese.

Qualche effetto positivo, i precedenti due decreti (Alfano e Severino) lo hanno prodotto: dai 69mila detenuti del 2010 si è arrivati ai 64.564 del 2013. Ma non basta. L’Italia è già stata condannata due volte dalla Corte di Strasburgo a risarcire dei detenuti perché costretti a scontare la pena in spazi giudicati al di sotto della vivibilità descritta nell’articolo 3 della Convenzione europea. Non solo. L’Europa ha imposto la ricerca di una soluzione all’emergenza entro maggio 2014. Termine oltre cui saremo multati e costretti a risarcire i circa 2800 detenuti che hanno presentato ricorso alla medesima corte per detenzione inumana e degradante. La cifra prevedibile varia tra i 60 e 70 milioni di euro.
La Cancellieri sta lavorando. Di amnistia o indulto non se ne parla, vista l’instabilità dell’attuale maggioranza. Quindi si procede per “piccoli passi“. Rimangono ipotesi, ma le misure più probabili interverranno su due categorie di reclusi: le persone che hanno commesso reati legati all’uso o produzione di droga e le persone immigrate in Italia ‘illegamente’.
Sono 23mila circa i condannati, o sotto processo, per reati legati agli stupefacenti. Le nuove misure dovrebbero trasformare questi reati, già definiti “di minore gravità”, in pene che prevedano meno carcere e più sanzioni. Si parla per questi crimini di “messa in prova”. Consiste nella possibilità di scontare la pena, non necessariamente in carcere ma tramite lavori socialmente utili.
Mentre per i 22mila stranieri di 128 Paesi differenti che si trovano nelle celle italiane sarebbero previsti “percorsi che facilitino il rimpatrio attraverso una misura alternativa specifica che sostituisca gli ultimi 3 anni di pena con l’allontanamento dal territorio nazionale”.
Altra misura: l’aumento della così detta “liberazione anticipata“. Oggi, per ‘buona condotta’, a ciascun detenuto (esclusi gli ergastolani) vengono abbuonati 3 mesi ogni anno. Si prevede che il bonus possa salire a quattro mesi l’anno.
Infine, per coloro che hanno subìto il “trattamento disumano e degradante” del dover vivere in celle al di sotto della possibilità umana sarà previsto un risarcimento, non solo economico. Anzi, visti i tempi e la scarsezza di liquidi, sarà proposta una riduzione dei giorni di detenzione previsti dalla pena comminata. Riduzione proporzionata al periodo trascorso in condizione di violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea.
Ultima misura, che non concorrerà a liberare ‘posti letto’, bensì a migliorare le condizioni di vita dei carcerati, è quella soprannominata “detenzione aperta”. Ai detenuti, all’interno dei penitenziari, verranno concessi spazi comuni per il lavoro e la socializzazione. Oggi solo 8mila detenuti hanno la possibilità di trascorrere la giornata fuori dalla cella (rimanendo comunque in carcere). Creando luoghi di convivenza nelle architetture carcerarie si punta entro il 2014 a far trascorrere più di 8 ore fuori dalle sbarre al 79% dei detenuti.
Nel frattempo, Strasburgo ci osserva e chiede con insistenza ragguagli, in attesa che qualcuna di queste ipotesi possa prendere forma concreta.

 

07/11/2013
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