BlacKkKlansman

Ron Stallworth (J. D. Washington) è un giovane poliziotto afroamericano, nel Colorado degli anni ’70. Vuole darsi da fare e non marcire in un archivio, per lo più sopportando le battute razziste di alcuni suoi colleghi. Entra in contatto telefonico con la sezione locale del Ku Klux Klan, spacciandosi per bianco. E convince i suoi superiori a far infiltrare il suo collega Flip Zimmerman (A. Drive), che è bianco, nel Klan, passando per il vero Ron Stallworth. Così inizia un’indagine rischiosa, che porta Flip ad essere l’alter ego reale del Ron telefonico. I bianchi bifolchi e razzisti che incontra sono solo cani che abbaiano, o sanno anche mordere? Il dubbio potrebbe essere fatale a tanti. Intanto la contestazione studentesca, soprattutto dei giovani neri, dilaga.

Spike Lee, emerito e pluripremiato regista statunitense, firma una pellicola alla sua maniera, ispirata a una storia vera. Mescola il drammatico al grottesco, con divagazioni surreali (tanti omaggi e citazioni della storia del cinema, tra cui un cameo di Harry Belafonte, novantenne monumento dei diritti civili) e dialoghi irresistibili, e si concede una coda al veleno, sulla stretta attualità. Forse gli anni ’70 non sono poi così lontani oggi.

I cambi di tono evocano un umorismo al vetriolo degno dei Coen, magari non sempre così fluidi, ma il film gira e talento del regista, musiche di Blanchard (collaboratore abituale di Lee) e montaggio fanno il resto.

Gran premio della giuria al Festival di Cannes.

28/09/2018
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