45 anni

Kate (C. Rampling) e Geoff (T. Courtnay) sono sposati da 45 anni e alla fine della settimana daranno una piccola festa, per gli amici, per celebrare questo quasi mezzo secolo di vita insieme. Il lunedì arriva una lettera dalla Svizzera, che annuncia all’uomo, il ritrovamento dopo più di 50 anni, del cadavere della sua fidanzata di allora, caduta in alta montagna, sepolta dalla neve e conservata intatta dal ghiacciaio. L’azione si svolge nei sei giorni che separano la coppia dal party. Per Geoff è uno shock, che lo costringe a ricordare di quel rapporto, della sua giovane età, dei sogni e dei progetti fatti con quella donna, prima di conoscere e sposare Kate; per la donna è un tarlo che inizia a rodere dentro, incrinando la felicità di un matrimonio così longevo, spingendola a volere capire di più, ritraendosi puntualmente ad ogni casella del mosaico aggiunta, con una ferita in più e sempre più profonda. Si può essere gelosi di una persona vissuta molto tempo fa, che ha avuto una relazione con il nostro attuale compagno? Si può essere gelosi di un morto? Se lo chiede Kate e, di riflesso, ce lo chiediamo noi, spettatori davanti allo schermo.

Andrew Haigh, che ha scritto anche la sceneggiatura, firma una pellicola molto più complessa di quanto potrebbe apparire in superficie: nei gesti quotidiani, le ripetizioni, le ellissi, gli sguardi fissi, dietro le melodie tristi del pianoforte e i paesaggi inglesi ventosi, si nascondono l’inquietudine e il turbamento, la paura e l’imbarazzo, la rabbia sorda e la gelosia pervicace. Chi aveva visto il suo secondo film (“The weekend”) ritroverà le finezze psicologiche della sceneggiatura, affidate a un duetto recitativo impareggiabile (Rampling e Courtenay premiati entrambi al Festival di Berlino). Forse non c’è catarsi positiva, nel finale, che in parte resta sospeso, ma solo amarezza, o parafrasando il titolo della canzone del matrimonio dei due protagonisti, fumo negli occhi.

 

06/11/2015
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