27 gennaio: diversi ieri e oggi

 

Ogni anno Acmos celebra il Giorno della Memoria nelle scuole e sui suoi siti proponendo una riflessione che permetta di ricordare ciò che è accaduto, ma anche di ragionare sull’attualità, sugli impegni oggi necessari affinché quei fatti non si ripetano più.

Quest’anno, Acmos decide di ricordare le violenze e le deportazioni degli omosessuali durante il nazi-fascismo, tema carico d’implicazioni che ancora oggi sono all’ordine del giorno.

Guardando la storia della deportazione, si può ricordare che gli omosessuali furono tra i primi ad essere deportati nei campi di concentramento: già nel 1933 furono promulgate leggi che proibivano le associazioni e lo sviluppo della cultura omosessuale in Germania, mentre nel 1935 venne pubblicato il “paragrafo 175” che inasprì ancora di più le repressioni.  Qui un bel video di testimonianza. 

In Italia, il fascismo userà la strategia del “silenzio” ma gli omosessuali furono perseguitati e spesso furono vittime di violenze, senza neanche bisogno di processi.

 

Oggi, la discriminazione contro gli omosessuali è un fenomeno ancora diffuso in molte parti del mondo, ed ha implicazioni anche in Italia, dove è ancora radicato, spesso mascherato dietro atteggiamenti, linguaggi e scelte politiche.

Ricordare oggi la discriminazione contro gli omosessuali chiama in causa una questione di dignità. Acmos è nata partendo da due concetti chiari, la dignità di ogni essere umano e la sovranità, la possibilità di essere protagonisti del proprio destino.

Ci chiediamo oggi quanto venga rispettata la dignità di tutte quelle persone costrette a nascondere le proprie scelte, ad essere considerati malati o diversi. Ci chiediamo come si possa ancora considerare un essere umano “sbagliato per natura”, non degno di essere trattato come gli altri. Bello ciò che rispose Obama (leggi qui) a una bambina che gli scriveva, dei suoi due papà!

 

Ma la discriminazione contro gli omosessuali richiama anche una questione culturale, radicata nel nostro mondo occidentale, soprattutto in un campo come questo, che attiene anche alla sfera privata, dell’intimità e delle scelte personali. Non è bastato “aprire i cancelli” di Auschwitz per cancellare le discriminazioni e la cultura che le ha prodotte.

La discriminazione, spesso, si palesa nel linguaggio che usiamo quotidianamente, che porta a utilizzare l’omosessualità come un insulto, un dispregiativo, un modo per offendere, proponendo stereotipi o esasperando i pregiudizi.

A volte, l’umanità, invece, ci sorprende: qui una bella storia, ambientata a scuola, raccontata su Il Manifesto, qualche giorno fa.

 

Infine, ricordare la deportazione degli omosessuali deve per noi servire a interrogare la politica, a chiedere conto della difficoltà nell’adeguare la normativa agli articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che impegna a garantire ai cittadini la libertà di espressione e di associazione, il diritto di non subire discriminazioni e il diritto di partecipare alla vita culturale della società (guarda la mappa nel mondo quiqui). Senza voler entrare nel campo della famiglia e dei diritti civili, ci sembra che in Italia ci sia ancora il bisogno di tutelare il diritto fondamentale alla libertà di opinione, di espressione e di orientamento, attraverso il riconoscimento dell’omofobia come reato e, per questo, punita.

 La notizia della settimana è che Putin voglia varare una legge in Russia contro gli omosessuali, per la quale sarà reato anche solo parlarne… L’amico e democratico Vladimir, si rivela un vero e proprio vessatore dei diritti umani. Cose che nemmeno con Stalin, ma si sa: la storia torna sempre in forma di farsa. L’Europa dei diritti se ne accorgerà o continuerà a fare lo struzzo e dialogare con lui?

 

a cura del Centro Studi Streben

27/01/2013
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