Smetto quando voglio

Un pulp all’italiana, con il dono della leggerezza. “Smetto quando voglio”, esordio alla regia di S. Sibilia, è una commedia agile, che parte da uno spunto di attualità: il difficile momento del mercato del lavoro, per i laureati, anche con ottimi voti. Il ricercatore precario Pietro Zinni (E. Leo), quando non si vede rinnovata la borsa di ricerca, nè arriva l’assunzione, decide che sfrutterà la sua preparazione chimico-farmaceutica per creare una nuova droga sintetica (che non è considerata illegale), da immettere sul mercato per fare soldi facili e a palate. Mette su una sgangherata e improbabile banda di complici, ricercatori precari come lui, per attuare un piano: così due latinisti che lavorano a una pompa di benzina, un archeologo e un antropologo in bolletta, un altro chimico in sovrappeso che lava i piatti in un locale cinese, e un matematico col vizio del poker e la fidanzata di origine sinta, si incontrano e iniziano il tuffo nel mondo criminale dello spaccio. La nuova droga ha un successo clamoroso, il denaro arriva a pioggia, ma i nostri eroi non sono preparati ad affrontare due elementi: il Murena (N. Marcorè), capo indiscusso del commercio criminale della droga a Roma e poco incline ad accettare la nuova concorrenza, e l’improvvisa ricchezza che diventa subito ingestibile, tra festini, escort, macchine di lusso e abiti firmati.

Finale rocambolesco (e forse un po’ troppo ingorgato), che ci lascia il sorriso in faccia.

Bella squadra di interpreti, sceneggiatura che strizza l’occhio a Guy Ritchie e Tarantino, ma anche al classico di Monicelli “I soliti ignoti”, fotografia dalle cromature acide e giallo-verdi, “Smetto quando voglio”, è un ballo di criminali da strapazzo improvvisati, farsa di grana grossa, ma non volgare,  che non si prende sul serio mai fino in fondo: suo punto di forza e, forse, anche suo limite. Rimangono 100 minuti di allegria e fuga dalla realtà, che meritano uno sguardo!

17/02/2014
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