Sicurezza e Paura

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Ieri sera Gian Carlo Caselli, procuratore capo di Torino e Marco Martino, “funzionario” della squadra mobile, hanno parlato ad una platea numerosa ed attenta del tema “sicurezza“.

L’incontro presso la Fabbrica delle “e”, organizzato con gli amici dell’AGESCI, si è inserito nel cammino di approfondimento della Scuola di Politica Renata Fonte ed anche nel percorso di avvicinamento al 21 marzo a Napoli.


Comincerei dalla fine: saremmo disposti ad accettare leggi che impediscano ai medici di curarci senza la possibilità di utilizzare Tac, risonanze magnetiche e radiografie?


Non siete costretti a rispondere subito, prendete fiato e guardate questo video, propedeutico per continuare e raccontare le riflessioni innescate dai nostri due relatori.





Già, perchè non si può più parlare di Sicurezza, abusando e distorcendo questo termine, senza parlare di paura.

Ieri Caselli è stato esplicito introducendo un concetto importante che è quello di “governare la paura” e sventolando il rischio di gettare al vento decenni di studi e lavoro sulle “radici della violenza”.

La paura è la madre di una società incerta e insicura che porta alla rassegnazione e al disimpegno. La paura è ciò che ci conduce all’opportunismo e al trasformismo, invece che a vivere il presente in modo radicale per trovare con l’impegno, l’approfondimento e lo studio, soluzioni ai problemi.


La sicurezza urbana vive oggi giorno con lo spettro di una doppia illusione: l’illusione della repressione e del solo sistema penale come panacea; l’illusione sociologica per la quale la delinquenza urbana è figlia della disoccupazione e quindi l’antidoto vincente sarebbe il lavoro.

Attenzione, però, alla tolleranza zero, perchè il confine con l’intolleranza è pericoloso ed il passo verso il razzismo è brevissimo. Attenzione anche alla monocultura nell’individuare la medicina giusta.

Per risolvere il problema occorrono, infatti, molte medicine e molte cure. Troppo spesso sembra che certa politica giochi con la paura e tenda a gonfiarla, considerandola un’opportunità di investimento e non un problema da risolvere.

Citando Luigi Ciotti, Caselli ha ricordato che “la Sicurezza, così declinata, diventa un killer” per la nostra società.


E il problema non è più solo di ordine pubblico, ma diventa una grande questione democratica.


Oggi siamo tutti armati gli uni contro gli altri, ostili, sospettosi e quindi più facilmente al giogo di chi fa della prevaricazione e della prepotenza le proprie armi: le mafie; capaci di spostare grandi capitali da un continente all’altro, ma anche capaci, come ha spiegato Martino, di seguire le pieghe delle legislazioni e di investire dove i rischi sono minori ed i guadagni impensabili (gioco d’azzardo).

Questo virus, che ci contagia, fa venire meno il patto per cui il singolo rinuncia a parte delle sue libertà individuali per riconoscere lo Stato, affinchè le Istituzioni tutelino la nostra incolumità e ci proteggano, ci diano sicurezza. Sono, queste, le nozze della giustizia fai da te.

Occorre apportare quelle cure che restitusicano fiducia nelle Istituzioni, come gli incontri pubblici, utili ad intrecettare la domanda di giustizia della cittadinanza, così come “la dinamicità e la fantasia” che la squadra mobile mette al servizio nel contrastare la lotta alla criminalità, quotidianamente, con un lavoro anche preventivo di monitoraggio.

Occorre, per restare nella metafora sanitaria, non mettere a repentaglio la salute sociale, magari privandola di quei mezzi che la tecnologia mette a disposizione, come le intercettazioni, e rispettare quelle regole che hanno dato vita a quel “patto d’amicizia” che si chiama Carta Costituzionale.


Non saremmo disposti ad accettare un taglio agli strumenti della moderna medicina, perchè abbiamo innato lo spirito della conservazione ed abbiamo a cuore la nostra salute fisica.

Dobbiamo allora dimostrare, non solo a parole, che vogliamo bene anche alla nostra salute sociale.

Senza paura.




10/03/2009
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