“Sic fiat Italia”: così come la vuole Marchionne

 

Una carrellata di volti segnati dalla fatica scorrono in bianco e nero sullo schermo, sconvolti, ma dallo sguardo fermo. Così si apre il nuovo documentario di denuncia del regista torinese Daniele SegreSic fiat Italia”, presentato pochi giorni fa al Torino Film Festival. Dopo “Morire di lavoro” (2008) e “Partitura per volti e voci” (1991), Segre ritorna a raccontare il cambiamento della classe operaia servendosi di immagini di repertorio sulle lotte operaie di ieri che si alternano alle scene di reportage sui fatti più recenti: un viaggio a ritroso nel mondo delle conquiste dei lavoratori in Italia, culminate con il referendum alla Fiat di Mirafiori nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2011.

 

Il referendum è stato un paradosso – spiega Segre – perché si è utilizzato uno strumento democratico per far sì che la democrazia non possa più esistere oltre: votare per non poter votare mai più”. Questa è la chiave di lettura di un’opera di denuncia che, a distanza di mesi dall’esito di quel referendum, prova a ripercorrerne i meccanismi: con uno stile narrativo e poetico, il regista ha seguito lo scontro e il dibattito tra gli operai davanti ai cancelli di Mirafiori nei giorni del referendum. Dal sindacalista convinto dell’importanza di dire no ad un referendum antidemocratico, che è però poco convincente sull’epilogo della storia, all’operaio impaurito che convince nella sua scelta del sì, la telecamera scorre attraverso le storie dei singoli operai, raccontando cosa è nascosto dietro i loro volti. Sullo sfondo compaiono come spettri le immagini e le dichiarazioni di chi sta ai piani superiori come Sergio Marchionne, Emma Marcegallia e l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che sembrano quasi incapaci di giustificare anche a loro stessi una manovra tanto subdola. Un intreccio che vuole rivelare non solo il ruolo che il referendum ha avuto nell’influenzare altre politiche aziendali nazionali – questo modello vuole essere esportato oggi in un centinaio di stabilimenti del nostro Paese – ma anche e soprattutto il processo di regresso che ha condotto dalle conquiste degli anni Settanta alla negazione dei diritti sindacali rappresentata dalle politiche del Gruppo Fiat. Ad un anno di distanza da quei giorni intensi che hanno segnato uno spartiacque nel mondo operaio, Giorgio Airaudo, uno dei protagonisti di quella vicenda, denuncia la scomparsa delle istituzioni e dei sindacati nel post referendum. I lavoratori sono stati lasciati soli, tornando ad un modello aziendale di sapore medievale, dove il rapporto con il padrone è del tutto arbitrario, e l’arbitrio è nelle mani di una sola parte.

12/12/2011
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