Rosarno

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Rosarno, 2004. Piana di Gioia Tauro. La tragica situazione dei migranti non è ancora sotto i riflettori dell’opinione pubblica, e la vita quotidiana degli abitanti della zona non è conosciuta. L’organizzazione della coesistenza tra gli immigrati costretti a vivere in condizioni tragiche e gli abitanti del luogo inizia a prendere forma, non sempre con i risultati sperati. Una lunga scena ritrae il momento in cui la Caritas distribuisce abiti ad immigrati e non, un’esigenza viva e pressante accompagnata dal volto di una bambina che trafuga abiti passando inosservata in mezzo al caos di gente nella stanza.

 

Il documentario è un insieme di immagini tratte da diversi ambiti – dal centro di accoglienza, alla raccolta delle arance, per un totale di settanta minuti in quasi totale silenzio. Solo pochissimi infatti i momenti di interazione e di dialogo, con il risultato di un effetto di pesantezza che resta nel pubblico come un macigno: forse l’effetto è quello sperato, un profondo disagio, ma forse il tempo del girato potrebbe essere diminuito. Una lunga scena taglia più o meno a metà il girato, con lo sgozzamento di un capretto in primo piano.

 

La regista Greta De Lazzartis racconta di aver iniziato a girare per Medici Senza Frontiere, e solo dopo di aver deciso di iniziare a montare un documentario che, per questa ragione, ha occupato nove anni di montaggio per vedere la luce. Ammirabile la capacità della macchina da presa di infilarsi nell’intimità dei momenti vissuti nel meccanismo del caporalato nel quale i migranti sono invischiati, ma forse l’effetto sarebbe risultato più efficace con qualche immagine in meno.

 

29/11/2013
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