Processo Lea Garofalo, riprendono le udienze

 

di Marika Demaria da narcomafie.it

 

Processo Lea Garofalo, tutto da rifare

 

«Signor Giudice, è opportuno che questa Corte salvaguardi i principi cardine che garantiscono un processo equilibrato. Per questo chiediamo che Lei partecipi a tutta l’attività istruttoria, risentendo tutti i teste che hanno già deposto e non limitandosi alla lettura delle carte». Così Daniele Sussmann Steinberg, di fronte alla neo insediata Presidente Anna Introini, motiva la decisione compatta che la difesa ha assunto. Corte d’Assise: ieri, giovedì primo dicembre, è ripreso il processo Lea Garofalo, dopo la nomina del Presidente Filippo Grisolia a capo del Gabinetto del ministro della Giustizia che di fatto ha stoppato il dibattimento. Richiesta accolta: nel corso dell’udienza di ieri si sono dunque ascoltati i teste già in calendario per il 23 novembre (quando fu data la notizia relativa al cambio del Presidente) e fissate le date che da qui a marzo permetteranno di sviluppare questo delicato processo, per un totale di ventuno udienze.

 

Il primo teste – di nazionalità orientale – ha raccontato alle parti di gestire un negozio di alimentari in via Montello 6 a Milano, e che abitualmente presta il proprio furgone ad amici e vicini. Lo fece anche con Vito “Sergio” Cosco e Massimo Sabatino (riconosciuti attaverso delle foto identificative fornite dall’accusa) il 4 maggio 2009: il primo chiese all’esercente di prestargli il mezzo, il secondo glielo restituì. La motivazione fu che “il furgone serviva per trasportare mobili”. Quella trasferta costò al teste due multe, una delle quali registrata alle 19.03 a Foggia. Tempi e luoghi corrispondono dunque con l’episodio del tentato omicidio ai danni di Lea Garofalo, quando, secondo alcuni teste già ascoltati (compresa la figlia della giovane donna, Denise), Massimo Sabatino si introdusse nella loro casa di Campobasso fingendosi il tecnico della lavatrice giunto per ripararla. Il teste, avvalendosi di un’interprete, ha spiegato che i prestiti del furgone erano annotati su un post-it prima e su un foglio dopo, redatto all’insaputa della persona che chiedeva in prestito il mezzo ma che di fatto consentiva al commerciante – che attraverso le foto ha riconosciuto anche Carmine Venturino, Carlo Cosco, Rosario Curcio e Giuseppe Cosco come abitanti o frequentatori dello stabile di via Montello 6, di proprietà dell’Ospedale Maggiore di Milano – di ricordarsi quando e a chi prestava il furgone.

 

Con l’ingresso in aula di Roberto Schiavone, detenuto per ricettazione di assegni e truffa, la tensione sale. Massimo Sabatino è sempre più nervoso, fino a quando sbotta e urlando inveisce contro il teste prima e contro il pm Marcello Tatangelo dopo. Un atteggiamento che il Presidente Introini in maniera eufemistica chiamerà “intemperanza”, spiegando all’imputato che, se fosse accaduto di nuovo, lei avrebbe provveduto ad allontanarlo dall’aula. Schiavone ha raccontato di aver conosciuto Salvatore Sorrentino nel 2007, quando entrambi erano detenuti nello stesso braccio del carcere di San Vittore, per poi dividere la stessa cella per alcuni mesi a cavallo tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010. Il teste ha raccontato di aver visto moltissime volte Sabatino e Sorrentino parlare tra loro in maniera amichevole e confidenziale, ma che si ricorda di un episodio specifico: un giorno, che si colloca agli inizi del 2010, trovò i due che parlavano attorno al tavolo della sua cella. «Mi fu chiesto di preparare il caffé e ascoltai che Massimo Sabatino raccontava di essere risentito, amareggiato nei confronti dei Cosco, che sapeva essere coinvolti nell’omicidio del fratello di Lea Garofalo. Sabatino disse che nel maggio 2009 si finse idraulico e andò a Campobasso per volere di Carlo Cosco, con l’intenzione di uccidere la sua compagna. Sabatino era stato raggiunto da un mandato di cattura per tentato omicidio, lui era arrabbiato con i Cosco perché gli avevano promesso che in caso di problemi gli avrebbero pagato l’avvocato ma Sabatino si sentiva abbandonato, dimenticato». Va ricordato che Carlo Cosco gode del patrocinio legale gratuito in quanto risulta possedere un reddito molto basso. Il teste Schiavone ha infine precisato che Sorrentino aveva pressato Sabatino per avere più informazioni possibili sulla vicenda in previsione di chiedere di diventare collaboratore di giustizia, ma di fatto Sorrentino tornò poi sui propri passi.

 

A deporre è poi stato chiamato Massimiliano Floreale, ex cognato di Sabatino in quanto per quasi una decina d’anni era stato compagno di sua sorella Paola. Il teste, senza mai guardare le parti che gli rivolgevano le domande, appariva agitato, impaurito. Uno stato d’animo che non è sfuggito a chi lo stava interrogando. «Carlo Cosco mi fa paura, non lo so perché. Però lui conosce molte mie informazioni personali». Alle incalzanti domande dell’avvoccato Sussmann – difensore di Carlo Cosco – che gli chiedeva se il suo assistito lo avesse mai minacciato, gli avesse mai estorto denaro, avesse comunque commesso qualche gesto tale per cui Floreale si sarebbe dovuto spaventare o preoccupare, quest’ultimo in maniera fulminea ha sempre risposto di no, chiosando con un «però ho paura». Per questo stesso motivo il teste non ha mai chiesto contezza riguardo al fatto che l’imputato gli chiese le chiavi della casa di sua nonna: «Quando avevo a che fare con Carlo Cosco preferivo non fare domande, per paura, ma comunque pensavo che in quello che mi aveva chiesto non ci fosse nulla di strano». Era il 24 novembre 2009: quel giorno Carlo Cosco, insieme a Lea Garofalo e alla loro figlia Denise, si recarono presso il centro estetico gestito da Floreale e «mentre Denise si sottoponeva a dei trattamenti, loro sono andati al bar per un caffé». Floreale spesso prestava a Carlo Cosco anche le proprie automobili, un Chrysler grigio e un’Audi A3, così come quel giorno prestò a Carmine Venturino e Rosario Curcio le chiavi di un box che sarebbe dovuto servire, a detta dei due, a nascondere “un pacchettino” per breve tempo. «Le due richieste, le chiavi dell’appartamento di mia nonna prima e quelle del box dopo, mi stupirono: la sera del 25 novembre Venturino e Curcio mi restituirono entrambi i mazzi di chiavi. Chiesi dove fosse Carlo Cosco (era a lui che Floreale aveva consegnato le chiavi dell’appartamento) ma non ottenni risposta».

 

Massimiliano Floreale ha raccontato di essere andato nel luglio 2009 su un terreno a San Fruttuoso a Monza (dove si trova il magazzino in cui, secondo l’accusa, si sarebbe consumata l’efferattezza del delitto di Lea Garofalo) insieme a Massimo Sabatino. «Quando ho letto della notizia della sparizione della Garofalo, mi sono spaventato perché ho collegato la vicenda con questi episodi. Anche la mia ex compagna, Paola Sabatino, aveva paura che suo fratello avesse commesso qualche cazzata e che fosse coinvolto nel sequestro e omicidio della donna, visto che già aveva un’accusa per tentato omicidio nei suoi confronti».

La Corte si riunirà nuovamente il prossimo 19 dicembre.

02/12/2011
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