Processo Amiat e la turbativa d'asta

 

di Mattia Anzaldi

 

Non c’è solo la tentata corruzione. Si discute di appalti, soldi pubblici e del tentativo di modificare il corso naturale delle gare. Ieri, al Palazzo di Giustizia di Torino, sono stati ascoltati i vertici della municipalizzata torinese all’interno del secondo filone del “processo AMIAT”, quello che vede imputati Salvatore Luberto, il direttore acquisti Giancarlo Gallo, l’ex assessore allo sviluppo regionale della Valle d’Aosta Leonardo La Torre e Giorgio Giordano, ex presidente AMIAT -già interessato dal procedimento contro il tentativo di corruzione e condannato in patteggiamento ad un anno-, per presunta turbativa d’asta. Secondo braccio processuale scaturito dalle intercettazioni svolte nell’ambito delle indagini sul tentativo di corruzione all’ex vice-presidente Raphael Rossi.

 

Il presidente della corte, il giudice Domaneschi, apre le testimonianze richieste dal pm Pellicano per accertare le responsabilità degli imputati nella gestione di una gara d’appalto indetta da AMIAT alla fine del 2007, inerente all’appalto del servizio di sorveglianza armata.

L’ipotesi condotta è che siano state fatte pressioni da La Torre, socio azionista di All System e “padrino politico della stessa” per avere informazioni riservate sullo svolgimento della gara d’appalto, forse al fine di incidere sul risultato.
“Volevo conoscere i tempi, gli sviluppi” dice sotto testimonianza “ma per salvaguardare i miei dipendenti”; per un fine progettuale, quindi. Informazioni che cerca di ottenere riallacciando un contatto “ritenuto autorevolmente importante” attraverso l’appoggio fidato di Salvatore Luberto. Il contatto in questione si delinea nella figura di Giorgio Giordano, al quale La Torre sarebbe anche pronto ad offrire “un ruolo apicale in All System; un ruolo su misura, da consigliori” in cambio dei suoi favori. Affermazioni che compromettono pesantemente la figura del politico valdostano.
Ritorna dunque la figura dell’ex presidente AMIAT, al tempo dei fatti pensionato da pochi mesi, che avrebbe cercato di raccogliere informazioni riservate facendo pressione prima su Giuseppe Eliseo (responsabile sicurezza e servizi della Spa), successivamente sull’imputato Giancarlo Gallo, in quel frangente presidente della commissione di gara.

Sugli sviluppi della gara d’appalto si scrisse già al tempo, ma numerose sfumature rimangono indefinite.
Alla gara parteciparono tre grossi gruppi temporanei d’impresa: All System, Telecontrol – che al suo interno vede la presenza di Rear, la ditta di Mauro Laus, consigliere regionale in Piemonte con il Partito democratico e fratello di un ex membro del CDA AMIAT – e Ilve Detective.

 

La Telecontrol (in un udienza spesso affiancata anche nominalmente alla figura del politico piemontese) viene estromessa dalla gara per un cavillo burocratico che, considerato pretestuoso, permette al TAR di riammettere la partecipazione della ditta. Ilve uscirà dalla gara successivamente per aver offerto una proposta di ribasso eccessiva al regolamento.
La Torre vuole rassicurazioni sulla vittoria della All System, che in effetti sopraggiunge al termine di un estrazione a sorte. L’intramontabile “lancio della moneta” è in effetti il metodo preposto alla selezione della ditta vincitrice, nel qual caso le proposte al minimo ribasso fossero equivalenti. Condizione che si verifica puntualmente, essendoci un decreto prefettizio che vincola le ditte operanti nel settore a non poter scendere oltre una soglia precisa di pagamento degli operatori (tariffa di legalità).

 

Nel merito dei due filoni processuali vengono sentiti anche Maurizio Magnabosco, attuale amministratore delegato AMIAT, che viene a conoscenza dei fatti solo tardivamente e Diego Cometto, direttore generale dal gennaio 2008. Quest’ultimo, nonostante il ruolo di vertice ricoperto in azienda, non ricorda molto: afferma di non ricordare né di ipotetiche relazioni con Giordano né della loro eventuale forma, in relazione all’acquisto del pressoestrusore da 4,5 milioni, oggetto della tentata corruzione.

 

Emblematica, per comprendere la dimensione della cornice entro cui una grande azienda come AMIAT (un giro budget annuo di circa 200 milioni di euro) gestisce almeno parte dei suoi affari, è l’affermazione con cui l’avvocato Gallo chiude la sua testimonianza: “la vita di chi lavora negli appalti pubblici – rivela in merito alla sospensione dal servizio di un mese e mezzo che ricevette da AMIAT prima dei fatti – è dura, soprattutto se si ritiene di dover applicare la legge”.

In chiusura di seduta non mancano poi le sorprese: il vertice WMPress, composto dai tre imputati nel filone per corruzione, Gonella, Succio e Malaspina, si avvale della facoltà di non rispondere e l’avvocato Gian Paolo Zancan nel “tranquillizzare la corte” ricorda che il suo obiettivo rimane chiaro: “dimostrare l’infondatezza delle parole del testimone Rossi”.
Resta solo che fargli gli auguri “con affetto”.

 

 

Processo Amiat: ammesse le intercettazioni

Processo Amiat: Rossi sentito in aula

 

 

 

18/04/2012
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