Mafia: leggende metropolitane e triste realtà

 

La DIA (Direzione Investigativa antimafia) è un organismo investigativo molto particolare, composto dalle tre forze dell’Ordine, polizia, carabinieri e guardia di finanza. Grazie al loro lavoro sono stati sequestrati alle mafie beni per 6 miliardi e confiscati altri per 1,2 miliardi: cifre immense, punta dell’iceberg dell’accumulazione mafiosa di denaro.

Eppure, i rappresentanti dello strumento voluto con forza da Giovanni Falcone, erano in piazza a Montecitorio, per protestare contro i tagli del Governo. Già perchè per l’anno in corso, e soprattutto per quello che verrà, non ci sono soldi per la dotazione di stivali invernali, per la benzina e il lavaggio delle auto di servizio (sic!). Ridicolo che sfiora l’offensivo.

«Dai 28 milioni di euro stanziati per la Dia nel 2001 – denunciano tutti i sindacati di polizia – siamo passati ai 15 di oggi. Il personale è stato ridotto a 1.300 unità rispetto alle 1.500 previste. E ora con l’ultima legge di stabilità è stato data un’ulteriore sforbiciata ai bilanci di 7 milioni di euro che prende dalle tasche degli investigatori dai 300 ai 600 euro al mese».

Insomma, roba da matti. Non si era mai visto un Governo che riesce, contemporaneamente, a suscitare la protesta trasversale di tutte le forze dell’ordine. Il Sap, il sindacato dell’area di centrodestra, sta raccogliendo 50mila cartoline, da inviare al capo dello Stato, per protestare contro i tagli.

 

Nonostante le rassicurazioni del Ministero della Difesa e del Viminale, lo scontento resta forte. In compenso la Maggioranza è riuscita in un altro miracolo, scrivendo il nuovo Codice Antimafia: la parola ‘Ndrangheta non compare nello strumento varato dal Governo, per mettere ordine alle norme contro la criminalità organizzata. Tra lo scalpore dei pochi che se ne sono accorti e la minimizzazione di chi parla di refuso o errore di distrazione, un’altro bello schiaffo simbolico: a chi lotta in prima linea contro la mafia più forte del mondo, agli imprenditori che denunciano il pizzo, ai famigliari delle vittime, ai calabresi onesti.

 

Ma se la ‘Ndrangheta per qualcuno in mala fede non esiste, a casa nostra, in Piemonte, sono già arrivate le prime due condanne per il processo, con rito abbreviato, per due imputati arrestati nel corso dell’operazione Minotauro, lo scorso giugno. Sono stati condannati rispettivamente a 15 e a 8 anni di reclusione Francesco D’Onofrio e Francesco Tamburi per associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo la ricostruzione della Procura, Francesco D’Onofrio, 55 anni di Nichelino, sarebbe un componente della “crimine” torinese, braccio operativo della ‘ndrangheta sul territorio, con la funzione  di “padrino” mentre Francesco Tamburi, 74 anni di Grugliasco, e’ considerato il capo societa’ della locale dei sidernesi del capoluogo con il ruolo  di “santa”.

 

Ora, per piacere, mettiamoci d’accordo. Non ci voleva certo la condanna per Minotauro, per sapere che non stiamo parlando di cartoni animati.

Una provocazione quasi sofistica, in conclusione: se la mafia (soprattutto l’Ndragheta) non esiste, chi sono questi due poveretti perseguitati? Se, al contrario, è un fenomeno molto reale e pericoloso, quale Governo può spuntare le armi agli strumenti di contrasto come la DIA?

Al lettore la risposta, se c’è…

 

02/11/2011
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