Le ragioni dell'Italia



A pochi mesi dall’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia sono ancora molte le voci che parlano di secessione, di Unità forzata, di un’identità frammentata e non voluta.

Come rispondiamo a queste voci?

Siamo in grado di argomentare il perchè, oggi, ci diciamo Forza Italia??

Da oggi fino al 17 marzo, il Centro Studi di Acmos propone una serie di articoli per tematizzare le RAGIONI DELL’ITALIA, i 10 argomenti che ci preparano a festeggiare il compleanno del nostro Stato!



1- Perché l’Italia esiste? Chi voleva l’Italia?

Il Risorgimento rappresenta una delle più spinose questioni aperte nella riflessione sul senso dell’Unità e nella costruzione della memoria collettiva italiana. Interpretazioni diverse di quegli anni permettono letture faziose e possono essere usate strumentalmente sia a livello pubblico che politico.

Nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità dobbiamo rimettere al centro la narrazione del Risorgimento, a partire da una convinzione: non possiamo cadere nella trappola di dover esaltare a tutti i costi il Risorgimento, per difendere la Repubblica di oggi. L’argomentazione, proposta anche dal presidente Ciampi e da Napolitano, potrebbe essere riassunta nella logica per cui, dato che i nemici dell’unità attuale parlano male del Risorgimento, chi vuole bene alla Repubblica deve fare del Risorgimento un mito fondativo. Questa logica, però, porta ad un’empasse che rischia di trasformarsi in una legittimazione dei dubbi e della retorica secessionista.


Allora, cosa è stato veramente il Risorgimento? Quale memoria ne conserviamo? Quegli anni possono rappresentare l’inizio della nostra narrazione unitaria, o sono frutto solamente delle mire espansionistiche dei governanti piemontesi?

Per chiarire questi nodi occorre ripartire da alcune definizioni: lo Stato Italia è l’assetto istituzionale che esercita la sovranità su un territorio, mentre la Nazione Italia è una realtà culturale omogenea. Il processo di costruzione della Nazione è un cantiere sempre aperto in due direzioni una che parte dal basso per costruire gli elementi culturali e una dall’alto, cioè dalle Istituzioni operano come strumenti di costruzione della nazione, alimentando un’identità collettiva.

È proprio intorno all’idea di Nazione Italiana che si era costituito, fin dall’inizio dell’Ottocento, un progetto politico promosso in prima istanza dagli intellettuali con un’ottima cultura e supportato dalla lingua e dalla tradizione letteraria, considerati un punto di ancoraggio apparentemente solido per il nuovo progetto politico nazionale. Alle spalle delle battagli per l’Unità, della figura di Cavour, così come alle spalle dell’impresa dei Mille, c’è un sessantennio di elaborazione culturale e politica, e la tumultuosa formazione di un vasto movimento di pensiero e di azione.

In questo quadro, il fulcro di tutta l’operazione va visto senza dubbio nel costruirsi e diffondersi del nuovo concetto politico di nazione, le cui basi sembravano, in realtà, fragili e inadeguate per far nascere un assetto istituzionale. Ciò che accadde apparve, quindi, inaspettato: il movimento riuscì a radicarsi, a promuove insurrezioni e rivoluzioni a ripetizione suscitando la militanza attiva di molte centinaia di migliaia di persone che, alla fine, attraverso il combinarsi di un insieme di circostanze, riesce anche nel suo obiettivo di costruire uno Stato per la Nazione.

È questa la posizione, in modo particolare di storici come Banti (La nazione del risorgimento), che rimette in discussione l’immagine di un’identità Italiana frammentata, inventata ad hoc e indebolita dai conflitti interni, dal momento che esisteva «una sorta di narrazione coerente della nazione italiana, un discorso ricco di rimandi e di coerenze, una sorta di pensiero unico della nazione» che attingeva ad un comune repertorio di temi, metafore e simboli. Il Risorgimento viene considerato un movimento di massa, attivamente partecipato dai cittadini nelle sue guerre, nella lotta politica, nelle feste e commemorazioni, che ha creato un movimento culturale più ampio, di portata europea.

L’approccio secondo cui si mette al centro la cultura permette di mettere in rilievo il processo di “italianizzazione” già precedente l’Unità: pur mantenendo una dimensione locale, l’attività culturale iniziò a proporre temi, linguaggi, rituali “Italiani” soprattutto nel campo musicale, pittorico e soprattutto teatrale, dello sviluppo della lingua italiana della formazione di associazioni economiche e scientifiche nazionali.

Mazzini viene individuato come il punto di raccordo tra il nazionalismo come identità culturale e il nazionalismo come movimento politico. La Giovine Italia diventa uno strumento di propaganda e di creazione di una rete di influenza politica e di consenso: Mazzini ha compreso che per dare una valenza politica all’idea romantica di Italia occorreva lavorare sul processo di comunicazione, nella capacità di persuadere e creare consenso (stampa – con cui si costruisce anche l’eroe nazionale Garibaldi-, rete politica, azione diretta come manifestazione di protesta politica e di appartenenza). Processo con cui cercò di inventare e comunicare una nuova cultura politica centrata sull’idea di nazione, con specifici rituali, narrazioni, simboli.

Dopo il 1948, in modo specifico in Piemonte, si rafforza l’idea nazionalista: il contributo dell’Austria e della Francia nella sconfitta delle rivoluzioni del 1948-49 dà forza all’idea della dominazione straniera come radice dei mali politici italiani. La conseguenza di ciò fu uno sviluppo notevole di un nazionalismo di stampo liberal-democratico, come alternativa all’ideologia e alla politica mazziniana. Quando anche Cavour fece proprio il linguaggio del nazionalismo, comprendendone un possibile vantaggio politico, si iniziò ad associare all’idea di Italia un’idea di stabilità politica e non di rivoluzione.

È chiaro allora che il processo fu bottom-up, cioè la Nazione aveva preceduto lo Stato, poi top-down.


Ci interessa conoscere quella fase e quel processo per capire quale idea e quali idee di Italia esistevano, confliggevano, vinsero. Non vogliamo certo proporre un mito fondativo, inventare una tradizione basata sul Risorgimento, ma capire la nostra storia che senza dubbio parte di lì, capire gli strumenti di inclusione ed esclusione di quel processo, capire quella storia, per costruire la memoria (selettiva) degli aspetti che ci interessano nel parlare di Italia e nel fare Forza Italia!


Per saperne di più:

– L.Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli, Roma, 2007


– A. M. Banti, La nazione del Risorgimento, Einaudi, Torino 2007


http://www.dipity.com/strano/storia-dItalia/#timeline

15/01/2011
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